“Abbiamo scelto una via aspra”. La lezione di Sturzo per l’Italia di oggi

“Abbiamo scelto una via aspra”. La lezione di Sturzo per l’Italia di oggi

8 Agosto 2019 1 Di Rocco Gumina

L’8 agosto del 1959 moriva a Roma don Luigi Sturzo. Fondatore del Partito Popolare Italiano, presbitero e filosofo, oppositore di ogni forma di statolatria, Sturzo è da considerare come una delle più rilevanti personalità civili e religiose del Novecento italiano. A sessant’anni dalla sua morte, è opportuno sia rendere omaggio alla sua vicenda personale e pubblica sia, soprattutto, trarre insegnamento dalle innumerevoli testimonianze politiche, culturali e spirituali che ci ha lasciato.

Fra le svariate lezioni sturziane possiamo – in questo tempo di crisi politica, economica, sociale e istituzionale che colpisce il nostro Paese – riprendere le tematiche che Sturzo sviluppò in occasione del suo intervento al quarto congresso nazionale del Partito Popolare svoltosi a Torino nel 1923 e intitolato La funzione storica del partito popolare.

La riflessione del presbitero siciliano nasceva in un periodo problematico per la politica italiana inaugurato dalla marcia su Roma del 1922 e consolidato dall’impossibilità di indirizzare il fascismo e Mussolini verso una metodologia democratica. In quel momento, il capo del partito fascista accresceva il suo consenso politico e mediatico attraverso la strumentalizzazione del risentimento popolare verso la partitocrazia e il parlamentarismo tradizionali.

Anzitutto, la riflessione di Sturzo all’assise dei popolari tracciava le linee essenziali – e autonome rispetto ad altri percorsi partitici – della proposta politica e democratica ispirata cristianamente. Secondo il sacerdote di Caltagirone, bisognava evitare da un lato di considerare la religione come un affare di coscienza privo di conseguenze sociali; dall’altro di trasformare il Partito Popolare in un contenitore strettamente connesso e dipendente agli organismi ecclesiastici. Si trattava, invece, di: «far rivalutare nella coscienza di tutti, il dovere morale di partecipare alla vita pubblica della nazione, senza restrizioni, per portarvi quello spirito cristiano di riforme sociali, economiche e politiche».

Da tale presupposto, Sturzo proponeva un soggetto partitico fondato su di una visione sociale capace tanto di contrapporsi ad ogni forma di clericalismo quanto di avanzare un programma di riforme per il Paese. Inoltre, tale visione generava un’idea di Stato –alternativa al concetto assoluto di nazione dei fascisti – chiamata a riconoscere l’importanza dei diritti della persona, della famiglia, degli enti locali e dei vari organismi sociali diffusi sui territori. Infatti, a parere del leader dei popolari: «per noi lo Stato è la società organizzata politicamente per raggiungere i fini specifici; esso non sopprime, non annulla, non crea i diritti naturali dell’uomo, della famiglia, della classe, dei comuni, della religione; soltanto li riconosce, li tutela, li coordina, nei limiti della propria funzione politica».

La riflessione sturziana sulla funzione storica del Partito Popolare italiano è gravida di spunti per poter discernere criticamente l’attualità. In particolar modo, la lezione di Sturzo va ripresa sia per riconsiderare il contributo in termini di partecipazione, di riforma e di progresso che il cristianesimo può apportare al mondo politico e sociale della nostra comunità; sia per continuare a pensare le istituzioni nazionali e internazionali come garanti della dignità di ogni uomo. Pertanto, il messaggio del presbitero siciliano ci invita a prendere le distanze tanto da ogni forma di strumentalizzazione della fede per scopi elettorali quanto da una concezione totalitaria e disumana delle istituzioni. A sessant’anni dalla morte, il pensiero di Luigi Sturzo si presenta moderno tanto nella forma quanto nei contenuti e necessario per trarre un po’ di ordine dal caos dell’attuale degenerazione politica del nostro Paese.

 

Rocco Gumina

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