Cattolici in politica: dalla storia al futuro

Cattolici in politica: dalla storia al futuro

1 Aprile 2021 0 Di Rocco Gumina

A più di un anno di distanza dall’inizio dell’emergenza connessa al diffondersi del Covid-19 in Italia e nel mondo, la pandemia ha – radicalmente – modificato il nostro stile di vita. Dal sistema sanitario alla scuola, dall’Unione Europea ai servizi sociali, dalla geopolitica internazionale alla tutela dell’ambiente, il virus da un lato ha ingigantito alcune situazioni critiche già in atto dall’altro ha permesso un ripensamento finalizzato al cambiamento. Infatti, la crisi in corso si presenta come un’opportunità rivelatrice di ogni limite del nostro sistema sociale ma, al contempo, di ripensamento collettivo per avviare autentici processi di riforma. Senza dubbio, la politica italiana si trova immersa in simile nodo critico e da questo sarà chiamata a rinnovarsi a partire da logiche e metodi nuovi.

L’attuale governo presieduto da Mario Draghi nasce dall’appello del presidente della Repubblica Mattarella per il quale, in piena emergenza pandemica, non era opportuno celebrare una tornata elettorale così coinvolgente per la popolazione italiana. Da tale situazione emergenziale è nato un governo di “unità nazionale” chiamato a gestire la crisi e a traghettare il Paese verso la ricostruzione possibile anche per via dei fondi messi a disposizione dall’Unione Europea. Questa compagine governativa non sorge per durare a lungo e non potrà, per nessuno motivo, configurarsi come il nuovo equilibrio raggiunto dal nostro dibattito politico. Quella che viviamo, quindi, è una fase propizia per ripensare il nostro modello. In simile opera di ristrutturazione e riforma anche i cattolici sono interpellati per offrire un contributo in vista del bene della comunità nazionale.

È chiaro che i credenti non possono ripetere gli antichi schemi collegati alla relazione fra cattolici e politica che per quasi un secolo hanno animato la nostra società. Ciò è vero a partire dalla questione che non si tratta più di avanzare rivendicazioni identitarie o connesse all’ottenimento di posti di governo da occupare alla luce di una appartenenza, spesso presunta, al variegato mondo cattolico nostrano; bensì di riprendere le principali questioni che hanno da sempre qualificato l’impegno dei cristiani per costruire, in un contesto laico e plurale, la nuova politica.

Anzitutto proprio dalla testimonianza del cattolicesimo politico italiano del secolo scorso ereditiamo la concezione di un doveroso impegno dei credenti nella politica finalizzato alla ricerca del bene nazionale tramite partiti aconfessionali e plurali. È proprio questa, infatti, la straordinaria lezione di don Luigi Sturzo con la fondazione del Partito Popolare nel 1919. Attraverso una piattaforma aperta a tutti, e a partire dall’ispirazione cristiana, il presbitero siciliano propose una visione politica connessa ad una chiara opzione etica fondata sulla centralità della persona e dei corpi intermedi.

La lezione del popolarismo fu recepita dalla Democrazia Cristiana che, all’indomani del secondo conflitto mondiale, rappresentò uno dei perni fondamentali per la ricostruzione economica, civica e culturale dell’Italia. Proprio alcuni esponenti di questo partito – da Dossetti a Moro, da La Pira a Mortati – formularono, insieme agli esponenti degli altri schieramenti politici, alcuni passaggi centrali del nostro dettato costituzionale. L’idea di questi uomini si fondava sulla centralità della persona, nella società e per le istituzioni, da concretizzare tramite valori come la libertà, la giustizia sociale e la solidarietà.

La generazione successiva ai costituenti vide fra i protagonisti, anche in Sicilia, alcuni uomini che mossi dalla fede nel Cristo si sono impegnati in politica sino a perdere la propria vita. Fra i tanti che possiamo citare, è opportuno ricordare Piersanti Mattarella che avanzò, prima da deputato regionale e poi da presidente della Regione siciliana, un progetto organico di sviluppo economico-industriale della nostra isola affinché potesse divenire il centro degli scambi politico-commerciali del Mediterraneo. La sua opera fu sempre legata alla lotta alla mafia in un periodo contrassegnato da una stretta relazione tra criminalità organizzata e partiti. Proprio la sua condotta politica integrale, e volta alla ricerca del bene dei cittadini, fu la causa della sua uccisione avvenuta a Palermo nel 1980.

Dalla storia recente dell’impegno dei cattolici in politica e dal confronto con le problematiche odierne traiamo, dunque, una serie di spunti utili per ripensare la nostra opera sociale, civica e – in alcuni casi – partitica. In primo luogo, bisogna essere in grado di leggere la complessità del momento storico che viviamo per provare a intenderlo e a interagire proficuamente con questo. Poi siamo chiamati una volta per tutte ad accettare la pluralità culturale, etica e religiosa delle nostre società e a provare ad essere uomini della sintesi al fine di formulare percorsi di bene comune che vedano tutti protagonisti. Ancora, la dimensione della politica va definitivamente intesa come luogo teologico nel quale accogliere e vivere il dono della santità cioè a mettere a disposizione degli altri la propria esistenza attraverso l’impegno a favore del mondo. Infine, attraverso una peculiare competenza, dovremmo essere in grado di declinare sul serio percorsi che dai piccoli territori possano sostenere i poveri, le famiglie, i giovani, l’economia, la ricerca della giustizia sociale. Soltanto in questo modo la straordinaria storia connessa all’impegno dei credenti in politica potrà far crescere le proprie radici nel futuro.

Rocco Gumina

(Articolo pubblicato sul numero di aprile/2021 di “In fraternità con Francesco”)

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