Convertire il cattolicesimo nella modernità. La lucida prospettiva di Luigi Sturzo

Convertire il cattolicesimo nella modernità. La lucida prospettiva di Luigi Sturzo

4 Settembre 2019 0 Di Rocco Gumina

Sono passati sessant’anni dalla morte di don Luigi Sturzo. Il ricordo e lo studio della sua figura possono trovare adeguato sviluppo e forma compiuta attraverso un’opera che spetta alle nuove generazioni di credenti: rileggere il suo pensiero per tentare di attualizzarlo nel nostro contesto. Difatti, sono tante le lezioni sturziane che ai nostri giorni potrebbero consentire ai cattolici – e non solo a loro – da un lato di districarsi nella rovinosa scena politica odierna, dall’altro di generare una visione culturale e progettuale utile per il futuro del Paese.

Per avviare tale operazione, il punto di partenza risiede nella “spiritualità integrale” proposta dal presbitero di Caltagirone. A parere di Sturzo, infatti, il cristiano – non soltanto quello impegnato in politica e nel sociale – non può separare l’azione dalla contemplazione, l’opera di carità dalle pratiche di devozione. Così, nel credente, la spiritualità accresce una sensibilità in grado di includere – in una visione unitaria – l’essere più intimo e l’agire pubblico. Simile prospettiva – nell’evitare una mera riduzione del cristianesimo a istanze sociali e antropologiche – si lega a filo doppio al Dio biblico, che tramite l’incarnazione di Cristo Gesù, è interessato a tutto ciò che è umano.

La spiritualità integrale vissuta da Luigi Sturzo, lungi dall’utilizzare la religione per la riconquista della società, fu fermento vivo su cui si sviluppò il piano politico aconfessionale del Partito Popolare. L’intenzione dei popolari era quella di avanzare una nuova compagine partitica che prendesse le mosse non dal cattolicesimo istituzionale bensì dal modo cristiano di concepire la democrazia. Non si trattava di occupare una zona di mediazione fra fede e storia, bensì di rappresentare le istanze e le sensibilità sociali, culturali ed economiche radicate fra i credenti e di presentarle nella forma di programma politico accessibile anche da chi cristiano non era.

Connessa al principio dell’aconfessionalità, per Sturzo vi era la ferma convinzione che il cattolicesimo dovesse ricercare una concezione e una vitalità – culturale, sociale e politica – consona al progredire della storia. Difatti, a parere del sacerdote siciliano, i cattolici erano chiamati a seguire il progresso naturale dei tempi, a non attardarsi in stili di vita e in linguaggi ormai superati, e a piantare nella modernità lo spirito evangelico. Con questi convincimenti, Sturzo tracciava una rotta assai importante anche ai nostri giorni che coincide con il perenne senso di riforma, di miglioramento e di rettifica dell’ispirazione cristiana destinata, con tali peculiarità, alla ricerca del bene comune e, dunque, alla trasformazione del reale. Questa prerogativa sturziana – come sostiene Massimo Naro nel recente volume da lui curato per i tipi de “Il Mulino” e intitolato Il municipalismo di Luigi Sturzo. Alle origini delle autonomie – può essere sintetizzata con il termine conversione: «Non conversione del cattolicesimo alla modernità (alle sue istanze, alle sue ragioni), ma conversione – appunto riforma, rinnovamento, revisione – del cattolicesimo nella modernità».

Se è doverosa, a sessant’anni dalla morte di Sturzo, l’opera volta al ricordo e allo studio dei suoi straordinari insegnamenti, sembra ancora più importante prendere esempio da questi per discernere la realtà presente e, quindi, per ripensare una proposta e una presenza pubblica cristianamente ispirata destinata a generare frutti significativi sul versante sociale e politico. Le parrocchie, le aggregazioni cattoliche e le diocesi sparse su tutto il territorio nazionale sono invitate a divenire le principali protagoniste dell’impegno per la riscoperta e l’attualizzazione della prospettiva sturziana. Il tempo stringe, c’è molto da fare!

 

Rocco Gumina

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