Da Capitol Hill una lezione per tutti

Da Capitol Hill una lezione per tutti

11 Gennaio 2021 0 Di Rocco Gumina

Provare a commentare i fatti di Capitol Hill dalle nostre latitudini non è operazione semplice. Difatti gli USA sebbene siano la più grande democrazia al mondo – spesso presa come modello per le istituzioni europee – sono figli di un percorso storico non proprio identico a quello del nostro continente. Alcune questioni come l’indipendenza, il federalismo, la schiavitù, il razzismo e la libertà religiosa segnano una sorta di spartiacque fra sistema americano e vissuto europeo. Persino gli stessi valori cardine delle società democratiche – come libertà e giustizia – vengono declinati in Europa e negli USA attraverso una differente interpretazione culturale capace di produrre esiti dissimili nell’organizzazione delle rispettive comunità. Tuttavia, nonostante queste divergenze, la degenerazione politica in atto in America può offrire una lezione a tutte quelle democrazie in grado di interrogarsi, tramite le proprie e altrui fragilità, per rinnovarsi.

Intanto dalla vicenda di Capitol Hill impariamo che le democrazie sono invitate a fare sul serio i conti con la propria storia ovvero devono superare i conflitti che hanno lacerato il loro popolo. Dal razzismo alla guerra in Vietnam, dal fondamentalismo religioso all’abuso del potere da parte della polizia – senza dimenticare la pena di morte – gli Stati Uniti mostrano di non aver metabolizzato a fondo tutti gli snodi critici della loro storia.

Questa consapevolezza è alla base della crisi della democrazia americana che, come ha sottolineato il gesuita statunitense Drew Christiansen sulle pagine de La Civiltà Cattolica, si lega al declino della coscienza civica. Negli USA, gli insegnamenti di storia e di educazione civica hanno non solo perso importanza ma talvolta vengono presentati in modo ideologico. Simile crisi culturale e civica è divenuta politica sia perché Donald Trump si è posto come colui che è al di sopra della legge sia poiché il sistema costituzionale americano, basti pensare alle modalità di voto differenti da uno Stato all’altro, manifesta palesi disfunzioni.

Un ragionamento a parte, sul difficile momento che attraversa la democrazia americana, riguarda il presidente uscente. Dopo quattro anni alla Casa Bianca caratterizzati da incertezza e scontri tanto sulla politica interna quanto su quella estera, Trump ha conquistato 73 milioni di voti. Biden si è affermato in modo saldo ma il magnate non è stato completamente bocciato dai cittadini americani, anzi. Il risultato elettorale ci dice che la gestione irrazionale inaugurata dal trumpismo gode di buona salute e, probabilmente, resisterà alla fine politica di “The Donald”. Ciò vuol dire, come ha scritto Paolo Bonini sul blog Comunitàdiconnessioni.org, che per le democrazie è fondamentale il profilo delle personalità che assumono importanti incarichi di governo. I fatti di Capitol Hill sono la conseguenza di quanto la proposta oltre le regole condivise avanzata da Trump sia stata capace, sino a qualche minuto prima dell’assalto, di alimentare un sentimento aggressivo poi passato all’azione. Se il temperamento di Trump fosse stato un altro, la tragedia umana, sociale e politica poteva evitarsi.

Infine, lo stato critico della democrazia americana ci invita a riflettere sul ruolo dei social network nella vita politica. L’ultima campagna elettorale per le presidenziali americane ha mostrato come il variegato mondo dell’informazione è divenuto sempre più una fonte di profitto abitata e animata più che da cronisti in grado di ricostruire la realtà, da opinionisti tanto ideologici quanto rissosi. A ciò va aggiunta la forza manipolativa esercitata da Trump con i suoi profili social finalizzata a generare insicurezza e incapacità di determinare la realtà. Tutto ciò impone alle nostre democrazie una seria riflessione sulla rilevanza pubblico-politica dei social network rivolta a regolamentare questa nuova dimensione della comunicazione e dell’informazione.

Alla luce di quanto emerge possiamo sostenere che dai fatti di Capitol Hill viene fuori una lezione per il futuro della democrazia. Spesso fragili e incapaci di significative visioni del futuro, le nostre democrazie – per evitare le degenerazioni statunitensi – sono chiamate ad un variegato impegno fatto di metabolizzazione della propria storia, sostegno a percorsi di educazione civica per la formazione delle nuove generazioni, selezione di una classe dirigente in grado di garantire le istituzioni e, infine, regolamentazione dei social network.

L’esempio americano ci dice che se non dovessimo agire su queste leve per rinnovare la nostra democrazia, la crisi delle nostre istituzioni sarebbe dietro l’angolo.

Rocco Gumina

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