Non siamo, mai, soli. Quello stimolo sanremese che dovremmo accogliere

Non siamo, mai, soli. Quello stimolo sanremese che dovremmo accogliere

2 Febbraio 2022 4 Di Rocco Gumina

Tutto sommato, penso che l’esibizione di Achille Lauro a Sanremo abbia qualcosa da comunicarci. Di certo non sono in grado di decifrare le qualità artistiche del brano, tranne che sottolineare una certa musicalità subito memorizzata dal maggiore dei miei figli.

Sul suo gesto, però, credo che dobbiamo riflettere con maggiore attenzione.

Nella tradizione secolare della Chiesa, o meglio delle Chiese, esiste il battesimo come momento, oltre che sacramento, relazionale. Infatti, il cristianesimo non conosce nessuna forma di “auto-battesimo”, bensì ha sempre vissuto e proposto la relazione fra il celebrante e il credente innestati entrambi in un cammino comunitario.

Colui che celebra può essere un vescovo, un sacerdote, un diacono, un laico credente, persino un non credente che – tuttavia – desidera compiere la volontà del battezzando.

Conosciamo anche il battesimo di desiderio cioè la ferma volontà di un uomo o una donna a far parte della Chiesa. Desiderio che per gravi motivi non riesce a concretizzarsi. Volontà che si lega, comunque, ad un cammino di discepolato di un popolo come quello ecclesiale.

Ora, che Achille Lauro celebri una sorta di rito battesimale nel quale il celebrante e il credente coincidano, esprime assai bene la cifra della tempesta solipsistica che anima e attanaglia la nostra epoca. Infatti, con un gesto forte e volutamente provocatorio, Lauro espone con grande evidenza il livello raggiunto dalla nostra comunità umana: facciamo tutto da soli. Siamo soli. Pertanto, reputo Lauro un artista in grado di dirci, con un gesto semplice e decisivo, che siamo individualisti. Mi pare una verità sbandierata da studiosi di ogni indirizzo.

Forse, la migliore risposta a simile cifra della nostra epoca risiede sia nel vivere, sul serio, come comunità sia nell’avere bisogno dell’altro/Altro poiché da soli non siamo, quasi, nulla.

In questo cammino di riscoperta del senso della comunità, anche il cristianesimo e la Chiesa cattolica sono chiamati a dare un contributo nelle speranza che non coincida soltanto con l’alimentare piccolissime polemiche culturalmente e storicamente superate.

Quello che ha mostrato Lauro, lo viviamo in tempo di pandemia sulla nostra pelle di credenti o meno, di uomini e donne, di anziani e giovani, di lavoratori e di disoccupati. Pertanto il suo gesto non mi pare molto originale, al massimo ci ricorda quanto sia importante fare e vivere la comunità umana e ecclesiale.

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