Per una sintesi sapienziale tra fede e politica. La proposta di Giuseppe Lazzati

Per una sintesi sapienziale tra fede e politica. La proposta di Giuseppe Lazzati

21 Aprile 2021 0 Di Rocco Gumina

Tra chi lavora per la riproposizione dei partiti d’ispirazione cristiana e chi si muove all’interno di quelli esistenti con il grimaldello dell’identità cattolica volto a fissare qualche bandierina e conquistare posizioni di potere, nel nostro Paese il nesso fra fede e politica si mostra ancora abbastanza vitale.

Ai due percorsi appena citati, possiamo aggiungere una terza via che proviene dall’insegnamento di Giuseppe Lazzati secondo il quale il credente è chiamato ad accettare l’odierna pluralità, mista alla complessità, e ad agire con gli altri per la ricerca del bene comune.

Deputato alla costituente ed esponente per qualche anno della Democrazia Cristiana, Lazzati scelse la via politica più per rispondere all’urgenza connessa alla ricostruzione del Paese dopo la seconda guerra mondiale che per soddisfare il desiderio, probabilmente mai avuto, di svolgere una vita connessa ai partiti e alla gestione del potere.

Il punto di partenza della via lazzatiana lo ritroviamo al numero 55 della Gaudium et spes dove si afferma che per i cristiani, oggi, s’impone il compito di «costruire un mondo migliore nella verità e nella giustizia» all’interno del quale «l’uomo si definisce anzitutto per la sua responsabilità verso i suoi fratelli e verso la storia».

Alla luce di ciò, Lazzati ha svolto l’attività politica tramite un profilo peculiare che affiora da uno scritto del II secolo d. C., l’A Diogneto. Qui leggiamo che il cristiano ha una duplice, e perciò paradossale, cittadinanza connessa alla sua appartenenza alla città della terra e a quella del cielo. Nella prima, il credente si sforza con tutti gli altri per la ricerca del bene comune; tramite la seconda, il cristiano attende la salvezza che solo Dio può donare.

La duplice cittadinanza posseduta dai seguaci di Cristo apre, a parere di Lazzati, al concetto dell’unità dei distinti cioè alla differenziazione – ma non alla separazione radicale – fra la terra e il cielo. Simile distinzione oltre ad avanzare una visione olistica permette di riconoscere l’autonomia delle realtà terrestri. In tal modo la concezione lazzatiana supera il dilemma della scelta tra Dio o il mondo e pone l’uomo fra Dio e il mondo cioè egli voleva che si amasse il mondo con lo stesso amore di Dio.

Come insegna il Concilio Vaticano II, nel trattare le cose del mondo, i cristiani ricercano Dio nel pieno rispetto dell’autonomia della politica, dell’economia, della cultura e delle scienze. Così, in Lazzati, il mondo non è interpretabile soltanto attraverso la sociologia, la politologia, la psicologia bensì attraverso una prospettiva teologica per la quale nella storia si svolge il mistero cristiano che impedisce ogni separazione fra la grazia e il cammino concreto degli uomini che concerne anche le vicende politiche.

Da qui comprendiamo quanto fosse importante per il rettore dell’Università Cattolica l’impegno finalizzato alla costruzione della città dell’uomo ossia di una comunità capace di tendere, con tutti i suoi membri, alla ricerca del bene comune. L’importanza di tale opera spinge, o dovrebbe, i credenti a non disinteressarsi o a non rifiutare la politica poiché mezzo per vivere una forma alta di carità. Per far ciò, le comunità cristiane sono invitate a far crescere al loro interno la coscienza politica al fine di evitare di interpretare questa rilevante sezione della nostra socialità come un pronto soccorso economico dettato da esigenze finanziarie o come male dal quale allontanarsi per non restarne corrotti.

Allora dal messaggio lazzatiano viene fuori una sintesi sapienziale del rapporto tra fede e politica in grado di mantenere in equilibrio i due termini senza confonderli o separarli totalmente. In questo senso, la politica è un’attività umana che, specie per i laici, è un luogo teologico ovverosia un mezzo con il quale si giunge alla santità, fine comune di ogni vocazione.

Inoltre la proposta di Lazzati può illuminare i cristiani del nostro tempo costretti a districarsi fra chi sogna ancora il “partito cattolico” e chi si erge nei partiti odierni unicamente perché rappresentante, o presunto tale, del mondo cattolico. Difatti, il costituente della Democrazia Cristiana indica ai cristiani un impegno da svolgere insieme agli altri cittadini, pertanto privo di etichette e rivendicazioni, in grado di farsi riconoscere soltanto – come afferma l’A Diogneto – per l’esito mirabile del loro tenore di vita cioè per l’autentica ricerca del bene comune.

Rocco Gumina

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