Social network: serve comunicare la realtà, non sostituirla

Social network: serve comunicare la realtà, non sostituirla

7 Dicembre 2021 0 Di Rocco Gumina

Quella che ormai da molti è definita come società globale ha reso tutto più vicino. In qualche ora – o pochi giorni – possiamo raggiungere posti assai lontani dalla nostra residenza oppure fruire di prodotti realizzati dall’altra parte del globo. Con gli odierni mezzi di comunicazione, siamo in grado di comunicare in qualsiasi momento – per motivi di affetto o lavoro – con chi si trova a migliaia di chilometri da noi. Simile vicinanza, però, non ha accresciuto – almeno non ancora – la fraternità all’interno delle nostre comunità poiché i valori che regolano la globalizzazione sono essenzialmente la competizione perenne, la ricerca del profitto e le variopinte pratiche narcisiste. Simili disvalori non producono altro che chiusure, individualismi e settarismi i quali impediscono di sviluppare cammini di fraternità liberante.

Più volte, in ultimo nell’enciclica sociale Fratelli tutti, Papa Francesco ha affermato che le malattie dell’odierna società sono dovute alla perdita del senso della storia. Ciò conduce le nostre comunità a regredire dal momento che il vento dei nazionalismi, dell’aggressività verso il diverso e delle chiusure caratterizza sempre più le politiche globali. Persino alcune parole importanti come libertà, giustizia e democrazia pare abbiano perso il loro significato risultando addirittura estranee a molti membri delle nostre comunità. In special modo, la democrazia viene ridotta al diritto di voto – per tanti ormai esercitato di rado – anziché essere percepita come uno stile capace di contraddistinguere il profilo dei cittadini nei condomini, nei comitati di quartiere, nelle associazioni, nelle parrocchie, nei partiti, nei sindacati e in qualsiasi espressione della loro socialità.

Ciò, di rimando, ha generato la convinzione che finanche l’uomo è una merce da barattare nel grande marasma del capitalismo pervertito tipico del nostro tempo. Ci accorgiamo di questo nei social dove, oltre a venir considerati come acquirenti, spesso esponiamo la nostra vita sino all’estremo come in quei casi in cui si pubblicano foto di frangenti di esclusiva rilevanza personale o familiare. Alla luce di ciò è chiaro, come ci ricorda il vescovo di Roma nel messaggio per la 55ͣ Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che occorre un uso intelligente dei social finalizzato a sostenere tutti quei processi nati nella realtà degli uomini. Quest’ultimi, per dirla con il filosofo Italo Mancini, vanno accarezzati, visti e conosciuti sul serio perché la vera conoscenza passa dall’incontro con la realtà. Allora si tratta di vivere la nostra vita nelle piazze nelle quali possiamo incontrare le persone e accorgerci del loro profumo, del loro rossore, dei loro limiti e pregi.

Il messaggio di Bergoglio per la 55ͣ Giornata mondiale delle comunicazioni sociali è incentrato sul metodo gesuano del “venire e vedere”. Si tratta del modo peculiare di comunicare da parte di Gesù il quale è reso possibile soltanto quando si vive fra le persone ovvero si conduce, nella quotidianità, la loro medesima vita. Simile modalità esperienziale permette una comunicazione di qualità e, quindi, veritiera. La fede cristiana, infatti, da sempre si è trasmessa attraverso la relazione fra gli uomini che con l’esperienza diretta della realtà si sono accorti del modo peculiare di vivere da parte dei credenti. Quest’ultimo è stato ben registrato dallo scritto A Diogneto che già nel II secolo d. C. sosteneva come i cristiani non si differenziano dagli altri uomini per cultura, lingua, popolo o nazione bensì per l’esito del loro tenore di vita: rispettoso delle leggi ma teso a superarle perché in grado di testimoniare l’amore, la fraternità e la comunione. È chiaro che se i social sono capaci di accompagnare questo stile di vita condotto nella realtà, possono risultare uno straordinario mezzo di comunicazione dell’esperienza cristiana e, in genere, umana.

Il tempo sinodale che la comunità cristiano-cattolica universale si appresta a vivere è un momento importante per vagliare la qualità della comunicazione all’interno dei gruppi e delle realtà ecclesiali. Per far ciò bisogna chiedersi quanto siano veramente liberi gli incontri dei gruppi parrocchiali e associativi cioè se esiste, o meno, la franchezza per sollevare, discutere e sintetizzare le questioni che angosciano oggi il mondo e la chiesa. La franchezza è un dono finalizzato a migliorare la comunità pertanto i credenti non devono temere di apparire come scomodi se insistono nell’affrontare apertamente i problemi del nostro tempo. In tal senso serve il coraggio per un confronto trasparente poiché soltanto attraverso di questo la chiesa può avvicinarsi alla realtà degli uomini di oggi. Oltre a ciò, il parlare aperto è uno straordinario metodo per contrastare alcune malattie presenti nelle nostre comunità come un diffuso paternalismo, un consistente agire arbitrario e un evidente sbilanciamento di potere.

La franchezza, così, risulta il passo obbligato per ottenere un dialogo trasparente diretto a tenere tutti insieme e a vivere l’amicizia sociale. Quando i mezzi di comunicazione sociale annunciano la realtà risultano nel nostro tempo un’insostituibile strumento di prossimità altrimenti destinato a riprodurre e amplificare un mondo inesistente.

Rocco Gumina

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