“Colmare la distanza tra scuola e mondo dell’impresa”. Intervista a Paolo Giosuè

“Colmare la distanza tra scuola e mondo dell’impresa”. Intervista a Paolo Giosuè

10 Giugno 2018 0 Di Rocco Gumina

Sulla relazione fra il mondo delle imprese e quello dell’istruzione, abbiamo intervistato Paolo Giosuè, direttore di produzione presso la “Salerno SRL”. La “Salerno SRL”, attiva nel palermitano da diversi decenni, produce contenitori in banda stagnata.

 

 

 

– A suo parere, quali sono le peculiarità imprescindibili per avviare e mantenere una sana cultura d’impresa?

Per avviare un’impresa, in qualsiasi settore, è necessario essere imprenditore dentro. Senza questa “molla” interiore è difficile, se non impossibile, fare impresa. Il vero imprenditore è colui il quale non accumula ricchezza, ma reinveste tutto nell’azienda nella quale crede. Fatta l’impresa, coltivarla o più comunemente mantenere una cultura d’impresa, è sempre la stessa molla che ti spinge a crescere verso nuovi mercati, nuove tecnologie, nuovi metodi, nuovi bisogni.

– Che significato assume l’espressione “etica del lavoro” in uno scenario di crisi nella crisi come quello siciliano?

L’etica in generale, e ancor di più quella correlata al mondo del lavoro, non è una conseguenza direttamente legata allo stato di crisi in cui si può trovare l’azienda o più in generale il sistema “mondo del lavoro”. L’etica è l’espressione dell’animo e del pensiero dell’imprenditore che, purtroppo, spesso si nasconde dietro la crisi aziendale, e le relative dinamiche del mercato, per porre in essere azioni palesemente contrarie all’etica. Ho conosciuto imprenditori che pur in presenza di una forte crisi della propria azienda, nel realizzare le azioni necessarie al risanamento della stessa, non hanno mai abbandonato la strada percorsa negli anni precedenti.

– La legge 107/2015, della cosiddetta “buona scuola”, ha rilanciato l’importanza dell’alternanza scuola-lavoro. Le imprese cosa possono offrire al mondo dell’istruzione?

L’idea in sé è ottima. Sia quando frequentavo la scuola sia quando ho diretto stabilimenti industriali, avvertivo il bisogno di colmare la distanza tra scuola e mondo dell’impresa. Da studente perché volevo conoscere, prima possibile, il mondo lavorativo con il quale mi sarei dovuto confrontare per la vita; da dirigente d’azienda perché ogniqualvolta ricercavo giovani da inserire in varie funzioni, i candidati erano studenti appena usciti dalla scuola senza avere mai avuto alcun contatto con il mondo lavorativo. Purtroppo, quello che ho registrato durante le recenti esperienze di alternanza, è che il progetto non è per nulla strutturato. Infatti, si portano avanti iniziative che partono grazie alla buona volontà e disponibilità di alcuni insegnanti che con dedizione ed impegno personale provano a contattare imprese disponibili ad accogliere gli studenti per un progetto la cui principale finalità è quella di ottemperare alla disposizione della legge. Un corretto programma di alternanza dovrebbe svolgersi formando gruppi di 4 – 5 studenti per una permanenza in azienda di almeno 2 – 3 mesi, appena sufficienti per dare concretezza alla formazione. La legge dovrebbe, altresì, prendere in considerazione l’impegno che l’azienda ospitante mette in campo, distraendo risorse dalle proprie attività di solito molto intense. Senza una corretta gestione e pianificazione del progetto di alternanza, il tutto perde di valore e, come accaduto nell’esperienza citata, gli stessi studenti rimangono delusi rispetto alle aspettative.

– Se un gruppo di giovani studenti realizza l’alternanza scuola-lavoro nella vostra impresa, quali positività ne ricavate?

Venire a stretto contatto con l’ambiente scolastico è comunque positivo ed arricchente. Ciò dà la possibilità sia di analizzare dall’interno il mondo della formazione in tutte le sue sfaccettature sia di valutare le difficoltà del corpo docente per motivare e coinvolgere giovani che a mio avviso, oggi, non hanno molto fiducia nel futuro che li attende. Ciò complica notevolmente l’attività formativa dei docenti. Incontrare i giovani che rappresentano, comunque, il futuro e osservare attraverso i loro comportamenti in che direzione si indirizza la nostra società è altrettanto rilevante e stimolante. In ogni caso, durante le fasi operative dell’alternanza, si esaminano i giovani che vengono affidati e si percepisce in talune circostanze il potenziale e la capacità organizzativa dei singoli. Valutazioni che potranno tornare utili in futuro ove si rendesse necessario potenziare l’organico dell’azienda.

 

– Conseguito il diploma di maturità, come deve muoversi un giovane per arricchire la sua formazione e per trovare un’occupazione?

Spesso i giovani commettono l’errore strategico, e negativo per il loro futuro inserimento nel mondo del lavoro, di ritenere la fine del percorso scolastico il traguardo, mentre dovrebbe essere chiarito con decisione e con testimonianze esterne, che ciò che per loro rappresenta l’arrivo è solo la base di partenza. Difatti, non bisogna mai fermarsi ma continuare il percorso formativo attraverso esperienze pratiche presso piccole aziende anche di artigiani dove il compenso non sarà di natura economica, ma quello di aver data loro la possibilità di lavorare e formarsi sul campo. Ove necessario continuare a studiare, per esempio, l’inglese la cui conoscenza è ormai richiesta per fare il manutentore in aziende a livello internazionale. Forse i giovani non sanno che molte società estere, che forniscono attrezzature complesse, organizzano per la formazione dei tecnici manutentori corsi in lingua inglese presso la casa madre. Da qui ne consegue che la conoscenza (non scolastica) dell’inglese dà grandi opportunità di inserimento nel mondo del lavoro. Di recente ho avuto la possibilità di selezionare dei giovani periti industriali alcuni dei quali diplomati nel 2016 ed altri ancor prima. Tra i tanti selezionati, mi ha colpito un giovane diplomato da tre anni che finito il percorso scolastico, trascorreva il suo tempo in palestra. Ovviamente, ho fatto rilevare che aveva un fisico ben formato e calibrato, ma la strada intrapresa non gli avrebbe mai potuto aprire le porte al mondo del lavoro. In fondo preferivo un perito industriale che in attesa della giusta collocazione si occupava facendo qualsiasi altro lavoro, perché comunque avrebbe trasmesso la voglia di lavorare.

 

Intervista a cura di Rocco Gumina

 

 

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