Custodire la profezia di Don Milani

Custodire la profezia di Don Milani

28 Maggio 2023 0 Di Rocco Gumina

Autorità civili e religiose hanno reso omaggio a don Lorenzo Milani in occasione del centenario della sua nascita ricordato lo scorso 27 maggio. Tante parole, svariate manifestazioni, annunci di testate giornalistiche hanno ridondato l’importanza di questa figura unica che – come tale – è capace di resistere allo scorrere del tempo e quindi di parlare ai nostri giorni. In tutta questa attività commemorativa c’è un rischio connesso allo snaturamento della singolare storia del sacerdote di Barbiana. Snaturamento finalizzato ad accomunare, in un modo o in un altro, il suo messaggio a idee e contenitori del tutto distanti dall’evangelica testimonianza milaniana.

Per evitare questo rischio è opportuno rifarsi alla reale vicenda di don Lorenzo al fine di evitare di presentarlo in qualità esclusiva di operatore educativo-sociale, come sacerdote disubbidiente oppure in modalità di faro per illuminare le politiche progressiste incapaci di stare al passo con il mondo. Ciò è sostenuto da Tommaso Montanari che nell’introduzione al volume di Michele Gesualdi Don Lorenzo Milani. L’esilio di Barbiana (San Paolo, 2023), afferma: «con i riflettori accesi sul centenario della nascita, e con il conseguente rischio del tradimento di don Lorenzo per il suo santino, il ritorno alle fonti autentiche è l’unico, vitale, antidoto» (p. 5). 

Don Lorenzo era un cristiano e un sacerdote. Omettere ciò vuol dire disconoscere e finanche distorcere la sua opera e il suo messaggio proposti nel seno di una società democratica attraverso metodi laici e plurali. Il suo convincimento religioso si è tradotto in una sorta di inderogabile obbligo all’impegno civile. La fede era divenuta per lui un impulso a operare concretamente fra gli uomini, nella società, nella storia e non esperienza destinata a esaurirsi nell’intimo dell’individuo o tutt’al più nel vissuto religioso e associativo del mondo cattolico.

Le parole del priore erano mosse dalla lingua del Vangelo nel quale si annuncia che il Signore della vita ha abbattuto i potenti dai troni ed esaltato gli umili (Lc 1, 52). Milani, allora, è un prete che ha scelto i poveri a causa del Vangelo. Ciò lo restituisce alla sua dimensione indispensabile dalla quale sgorgarono l’azione pastorale per i poveri, l’impegno educativo, civile e sociale. Inoltre il suo sacerdozio tra la povera gente è stato fedele alla Chiesa poiché, come scrisse: «io non rinuncio ai sacramenti per le mie idee; non me ne importa nulla; perché io nella Chiesa ci sto per i sacramenti, non per le mie idee» (L’obbedienza nella Chiesa). Legato sino alla fine della sua vita alla Chiesa sacrificò la sua libertà, la sua dignità e la sua esistenza per dare ai dimenticati della società libertà e dignità attraverso una scuola che non promuoveva la nuova classe dirigente ma una massa cosciente.

Per questi motivi anche oggi, dopo il centenario della sua nascita, siamo chiamati non tanto ad affermare che don Lorenzo era “uno di noi” quanto a custodire la sua profezia spesso commemorata dopo la sua morte ma quasi mai imitata tanto dalla società quanto dalla comunità dei credenti.

Soltanto continuando a sottolineare con cura la differenza tra la sua testimonianza e l’attuale modo di vivere la scuola, l’educazione, l’impegno civile e la radicalità della fede custodiremo l’unicità profetica di don Milani.

Rocco Gumina

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