
Evangelii gaudium: il programma del papato di Francesco
Nel novembre scorso Papa Francesco pubblicava l’esortazione apostolica Evangelii gaudium. Il documento mostra con grande chiarezza l’impostazione che sin dal giorno dell’elezione il vescovo di Roma “venuto da lontano” ha voluto imprimere al suo pontificato. Se prima della pubblicazione del documento si trattava di gesti, di stile, di parole, di viaggi adesso con il testo in mano possiamo comprendere con grande chiarezza l’intento riformatore basato sull’essenzialità evangelica avanzato da Francesco. In questi termini tale documento si presenta come il programma per la Chiesa intera del successore d Pietro. Le affermazioni di Bergoglio vanno collocate all’interno di un cambiamento di paradigma storico-culturale che incide profondamente nel mondo e anche nella comunità dei credenti. Poiché se fino a qualche tempo fa i cristiani, soprattutto in alcune aree del mondo come l’Europa, vivevano e agivano in una “società cristiana”, oggi non è più così e pertanto servono strumenti nuovi, essenziali e radicati veramente sull’evangelo per annunciare Cristo nel nostro tempo. Per il Papa l’evangelizzazione e la conversione a Cristo produce la vera e autentica gioia che non è una sensazione psicologica o un semplice stato di soddisfazione umana, bensì la vita vera nel Signore incontrato e vissuto. Da questi dati siamo chiamati a dedurre qualcosa per la realtà delle nostre parrocchie. Infatti non si tratta più di attuare semplicemente una pastorale legata all’amministrazione dei sacramenti come non servono brevi periodi di evangelizzazione su scala parrocchiale o diocesana. Necessita un radicale cambiamento – e Francesco ci dona tutti i presupposti per pensarlo e attuarlo – nella prassi dell’organizzazione della vita delle comunità parrocchiali nelle quali la catechesi, l’evangelizzazione, la proposta caritativa e di promozione culturale non possono essere appaltati dai presbiteri o da gruppi ristretti. Serve in tal senso un vero svuotamento di tante dinamiche che appesantiscono le nostre comunità per concentrarci sull’essenziale: Cristo. Senza questo fondamento unico e totale della nostra vita di fede – che il Papa propone in assoluto nel documento a partire dal titolo – le nostre pur positive attività parrocchiali di carità, di attenzione agli uomini saranno inquadrate nell’ottica del sostituirci alle istituzioni e associazioni politiche e sociali presenti sul territorio (Francesco si riferisce a questo quando dice che la Chiesa non è una ONG pietosa). La nostra opera non è di supplenza verso nessuno, ma di protagonismo assoluto e originale per via dell’evangelizzazione. Il Papa così ci mette dinanzi ad un bivio in quanto comunità parrocchiale: o persistere in un’impostazione pastorale da “società cristiana” (si veda la prassi sacramentale e buona parte dell’attività caritativa) oppure convertirci radicalmente all’evangelo e pertanto basare tutta la nostra esistenza nella missione evangelizzatrice. È chiaro che se il documento lo riponiamo nella nostra biblioteca personale o nella libreria parrocchiale dopo averlo letto (qualora lo avessimo acquistato), non stiamo minimamente rispondendo all’input lanciato dal programma di Francesco. Evangelii gaudium, infatti, è un documento da leggere comunitariamente, da far circolare, da far studiare ai catechisti, ai vari operatori pastorali della parrocchia, ai giovani, alle famiglie, all’intera comunità. Se non facciamo questo come comunità abbiamo ancora una volta rimandato – forse per mancanza di coraggio, di forza e di tempo – alla possibilità di prospettare un’opzione pastorale differente che possa liberare finalmente la positività della diversità dei carismi e superare un asfittico appiattimento. Insomma Francesco con il suo recente documento ci invita ad una conversione personale e comunitaria. Sta a noi adesso tentare di attuare il programma del pastore “venuto da lontano”. Il cinquantesimo dell’erezione canonica della parrocchia che stiamo ricordando e celebrando – e non solo festeggiando – in quest’anno è un’occasione propizia per provare a percorrere sentieri forse meno battuti e comodi ma più fecondi.
Rocco Gumina