
Giovani e Sud. Il legame da ricostruire
Alle genti del Sud spetta essere
le protagoniste del proprio riscatto
(Giovanni Paolo II)
Per riflettere sull’odierna condizione giovanile bisogna registrare due questioni che rendono il periodo attuale profondamente diverso rispetto al passato anche recente. Infatti, oggi i giovani da un lato vivono la propria condizione in modo differente dalle generazioni precedenti, dall’altro tutti quanti ci rendiamo conto di trovarci in una congiuntura di radicali e repentini cambiamenti. In questo contesto, focalizzare la nostra attenzione esclusivamente sulla disoccupazione nel Mezzogiorno, la quale al Sud riguarda il 40% della popolazione giovanile, sarebbe un errore poiché la decadenza in atto ancor prima che economica ed occupazionale è etica, culturale e antropologica. Così, la crisi indossa esternamente la maschera della povertà economica, ma all’interno sviluppa potentemente un ordine culturale fondato sul lavoro irregolare, sulla povertà culturale, sulla deformazione di ogni pratica di partecipazione alla vita pubblica del territorio nel quale si vive. Le conseguenze di questo processo sono sotto gli occhi di tutti e trovano sintesi sia nell’emigrazione dal Sud di figure professionali di medio-alto livello del mondo della scuola, della sanità, dell’impresa sia nella crescente sfiducia dei giovani verso ogni istituzione – inclusa la Chiesa – avvertite come autoreferenziali e distratte rispetto ai problemi reali. Dunque, come affermano i vescovi italiani in un recente documento sul Mezzogiorno: «Il flusso migratorio dei giovani, soprattutto fra i venti e i trentacinque anni, verso il Centro-Nord e l’estero, è la risultante delle emergenze sopra accennate» (CEI, Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno, 2010).
Se è vero che anche le comunità ecclesiali delle regioni del Sud Italia patiscono gli effetti nefasti della nuova ondata di emigrazione, è altrettanto veritiero che la Chiesa è chiamata a formulare un messaggio di speranza attraverso la generazione di nuove pratiche culturali, sociali, politiche ed economiche. In questo cambiamento d’epoca in atto – per dirla con Papa Francesco – la dimensione sociale dell’evangelo può assumere una rilevanza in vista di una mobilitazione morale, civile e politica che possa coinvolgere ampi strati delle popolazioni del Mezzogiorno. Così, terminata la lunga stagione della frattura fra pratica religiosa e vita civile, per la comunità ecclesiale è tempo di un maggiore impegno educativo-formativo a partire dal proprio insegnamento sociale.
Nonostante le molteplici negatività presenti nel meridione, i giovani non possono sentirsi condannati ad una precarietà lavorativa ed esistenziale perenne. Difatti, occorre mettere in relazione le enormi potenzialità in termini d’intelligenza, di patrimonio culturale e territoriale, di creatività al fine di farsi carico insieme dei problemi per superarli in quanto comunità. Quindi, al di là delle ataviche e profonde negatività del nostro territorio – fra le quali non bisogna mai dimenticare la criminalità organizzata – siamo interpellati come cittadini e credenti del Mezzogiorno a favorire una nuova stagione di impegno e di partecipazione nella vita pubblica, nella cultura della ricerca del bene comune, nella promozione del volontariato verso un’autentica carità sociale. In questo senso, abbracciare l’attività politica orientata al bene comune è una di quelle prospettive che ogni comunità educante, fra le quali la Chiesa, deve promuovere all’interno della propria offerta formativa. Sull’impegno verso una maggiore carità politica, i giovani sono chiamati da un lato a farsi avanti con coraggio, competenza e onestà, dall’altro devono incontrare degli adulti che lascino spazio affinché possa succedere qualcosa di nuovo.
Rocco Gumina