Giuseppe Favilla: la prima tutela deve essere per i precari storici. Intervista al segretario nazionale della UIL scuola IRC.

Giuseppe Favilla: la prima tutela deve essere per i precari storici. Intervista al segretario nazionale della UIL scuola IRC.

10 Agosto 2021 0 Di Rocco Gumina

Con il DPCM del 20 luglio scorso, il governo italiano ha dato il via libera all’avvio di una procedura concorsuale per l’assunzione a tempo indeterminato di 5116 insegnanti di religione. Un concorso che arriva a diciassette anni dall’ultimo, e unico, che anziché rappresentare un’importante occasione di stabilizzazione per molti professionisti del mondo della scuola rischia di aumentare diverse situazioni di instabilità. Di questo tema parliamo con Giuseppe Favilla. Insegnante di religione cattolica, Favilla è il segretario nazionale della UIL scuola IRC.

Giuseppe Favilla, segretario nazionale UIL scuola IRC

– Con il DPCM del 20 luglio scorso, il governo italiano ha dato il via libera all’avvio di una procedura concorsuale per l’assunzione a tempo indeterminato di 5116 insegnanti di religione. Un concorso che arriva a diciassette anni dall’ultimo, e unico, che anziché rappresentare un’importante occasione di stabilizzazione per molti professionisti del mondo della scuola rischia di aumentare diverse situazioni di instabilità. Ci spiega perché?

Innanzitutto desidero ringraziarti per questa intervista; arriva in un momento davvero complesso, difficile da digerire, anzi, proprio da ingoiare. Come organizzazione sindacale possiamo fare due letture parallele dell’evento, che purtroppo rende giustizia a pochi e grande ingiustizia a tanti. I cosiddetti precari storici, si vedono travolti dalla possibilità di un concorso, così come è stato autorizzato dal DPCM, per esami e titoli nell’orizzonte giuridico proprio voluto dall’Intesa del 14 dicembre dello scorso anno e della legge 186. La domanda nasce spontanea: per emanare un bando ordinario era necessario un ulteriore dispositivo di legge (art. 1 bis legge 159/2019)? A mio avviso assolutamente no. Il voler sottolineare, con una anomalia giuridica, che il concorso è per intesa significa quasi superare quella prerogativa statale che rende l’amministrazione libera di decidere modalità, tempi e contenuti tra le altre cose già presenti nella legge 186. Dunque l’Amministrazione proseguendo l’iter tracciato dalla legge del 2019, avallato dall’intesa del 2020, sta tentando di mettere la parola fine alla speranza per circa 12000 docenti over 36 mesi di servizio di essere trattati alla pari dei docenti di altre discipline che hanno avuto, penso ai docenti della secondaria, ben due procedure straordinarie di cui una non selettiva. Per ritornare alla lettura più “ottimista” chi potrà gioire di questa opportunità sono proprio i giovani docenti di religione che hanno la possibilità di avere un contratto a tempo indeterminato, una volta superato, alla pari degli altri, il concorso. Ricordo che il concorso è comunque selettivo per tutti. I vantaggi per i nuovi docenti sono la capacità di concentrazione data dalla freschezza tipica delle menti giovani e una  preoccupazione relativa del non superamento, in quanto hanno ancora tutta una carriera lavorativa davanti a sé e la possibilità di cambiare eventualmente strada.

– Dopo che il Ministero dell’economia e della finanze ha autorizzato il Ministero dell’istruzione ad avviare la procedura concorsuale, quali passaggi mancano alla pubblicazione del bando? L’uscita del bando è imminente oppure le sigle sindacali hanno ancora spazio per mediare al fine di tutelare i precari storici?

In linea teorica, i passaggi sono: l’invio della bozza al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, per i dovuti controlli che sia in linea con la normativa di riferimento, per intenderci con l’art. 400 del testo unico e con l’ultima riforma dei concorsi voluta dall’On. Brunetta nel DL  44/2021. Successivamente o contestualmente avviene l’informativa con i sindacati, che potranno fare le loro osservazioni, richieste, integrazioni… ma che l’Amministrazione potrebbe anche non recepire.

Che il bando sia imminente non posso saperlo, purtroppo il Ministero sta ragionando “da solo” e da un  periodo a questa a parte sistematicamente per tutte le questioni della scuola, ci mette a conoscenza quasi  a ridosso del fatto compiuto. Tutto è blindato in viale Trastevere. Le fughe di notizie non sono mai chiare fino in fondo e ultimamente stanno affinando le strategie. Stiamo comunque verificando diverse situazioni, ma la nostra azione sindacale non si limita a contrastare questa assurda fretta e soprattutto atto di ingiustizia. Abbiamo lavorato i mesi scorsi, tutti, per presentare emendamenti ai vari DL, l’ultimo in ordine temporale e il più attinente, il DL 73/2021, ma l’unico risultato per tutti gli emendamenti che avessero la parola religione all’interno, è stata la dichiarazione di inammissibilità da parte della commissione Bilancio. Continueremo a lottare sicuramente nel presente e per quanto arriverà in futuro… sappiamo bene, dall’esperienza dei mesi scorsi, che seppur in presenza di un eventuale bando, possono intervenire delle modifiche (vedi i concorsi ordinari, da oltre un anno che sono stati banditi ma restano ancora in attesa e nel frattempo sono intervenute leggi di modifica).  La tutela non verrà meno; metteremo in atto tutti quegli strumenti a nostra disposizione per evitare il peggio… ma abbiamo bisogno del sostegno dei colleghi, sono loro la linfa vitale del sindacato, noi non siamo altro che degli “esperti” che tentano il tutto e per tutto affinché venga tutelata la professionalità di tutti e di ciascuno, nessuno escluso… e in questo periodo della storia la prima tutela deve essere per i precari storici, vittime del disinteressamento statale.

– La situazione di precariato storico degli insegnanti di religione cattolica è unica nel panorama della scuola italiana. Ci espone le motivazioni?

È unica nel senso che è stata quella che ha avuto per ultima uno Stato Giuridico (2003); è unica perché ha anche degli elementi giuridici peculiari che rendono l’applicazione di ogni singolo articolo un lungo processo di mediazione. È unica per quanto riguarda il contingente organico fissato nel limite del 70% per i posti di ruolo. È unica perché, dove sono presenti incaricati annuali che godono degli stessi benefici economici, e parzialmente giuridici, dei docenti di ruolo, la trasformazione del contratto da determinato a indeterminato sarebbe a costo zero, ma di questo si fatica a prendere consapevolezza. Allora la domanda che mi pongo: sarà forse una questione ideologica o semplicemente di convenienza, oppure c’è altro? Da anni mi pongo questa domanda, da anni arrivo a intuire una risposta, sempre parziale, non esaustiva. Di certo non siamo unici in assoluta, siamo in compagnia dei colleghi del personale educativo, l’ultimo loro concorso risale al 1999, ma parliamo per questi colleghi di numeri nettamente inferiori con un precariato molto limitato seppur presente.

– Oltre al precariato storico, gli insegnanti di religione devono spesso affrontare argomentazioni volte ora all’abolizione di simile insegnamento ora all’accusa di mancanza di professionalità. Perché, a suo parere, quello dell’IRC è insegnamento che talvolta fatica ad essere accolto come opportunità di crescita e di formazione?

Quando si parla di abolizione non mi preoccuperei, neppure se questa polemica arriva da qualche zelante parlamentare. Infatti, come è ormai noto, l’iniziativa deve nascere dai due attori Stato Italiano e Stato del Vaticano. Il voler screditare l’insegnamento di religione cattolica riducendolo quasi a un catechismo, sappiamo bene, è il cavallo di battaglia di quella piccola fetta parlamentare di corrente laicista e dunque che nutre una sorta di rabbia, tale risentimento è forse accompagnato anche da poca chiarezza sui contenuti specifici dell’IRC e della lettura distorta delle Indicazioni Nazionali. Necessariamente ciò ricade anche sulla professionalità. Disconoscere il valore giuridico dei titoli pontifici è come disconoscere il valore giuridico dei titoli degli altri stati membri o non della comunità europea. Nel nostro ordinamento italiano per poter insegnare religione ipso jure sono necessari dei titoli rilasciati dagli Istituti Pontifici unitamente all’Idoneità diocesana. Grazie all’intesa, ultima in ordine temporale quella del 2012 (DPR 175/2012), i titoli pontifici acquistano forza di legge grazie all’istituto giuridico del Decreto del Presidente della Repubblica. Dunque chi tende a screditare la professionalità dei docenti di religione asserendo che non hanno un titolo valido cade nell’errore oltre a dimostrare ignoranza. Gli stessi titoli a richiesta dell’interessato possono essere riconosciuti come lauree… dunque di cosa parliamo? Parliamo ancora una volta di strategie politiche e di ricerca di visibilità da parte di una minoranza parlamentare.

L’ accoglienza dell’IRC nella scuola, credo che sia molto relativa. Un buon docente di religione non ha difficoltà a far apprezzare il proprio insegnamento agli studenti e ad essere tenuto in grande considerazione anche dai colleghi, ma ciò avviene anche per i docenti delle altre discipline. L’unico strumento a disposizione di un docente di religione è la capacità professionale che si esprime nel tradurre al meglio didatticamente le Indicazioni Nazionali. L’Irc non ha una peso nella media scolastica, questo sarà una delle nostre prossime battaglie. Un docente di religione ogni anno è soggetto ad una valutazione di “valore” da parte dei propri studenti, il 90% degli studenti si avvale ancora dell’IRC. Un successo a quasi quarant’anni dalla revisione concordataria. I colleghi delle altre discipline hanno altri strumenti, il docente di religione è un testimone! E su questa testimonianza che si basa tutto il suo insegnamento.

– Possiamo, dunque, parlare di caratteristiche che rendono importante e attuale l’insegnamento della religione cattolica nella società che si presenta sempre più complessa e plurale?

La nostra, come hai ben espresso, è una società al plurale, da un punto di vista culturale, basti pensare alle diverse etnie presenti nel nostro paese e di conseguenza nelle nostre scuole, ma anche di pensiero: cattolico, laico, laicista ecc… L’IRC diventa dunque il crocevia delle esperienze religiose e culturali e i protagonisti indiscussi sono i docenti e gli studenti. Non ci sono solo studenti stranieri con religioni di tradizione diversa dal cattolicesimo, ma ci sono anche tantissimi studenti, faccio riferimento alla secondaria dove il numero di non avvalentisi è percentualmente maggiore, che hanno un approccio critico e contrastivo col dato religioso. Tale atteggiamento può essere superato grazie a una buona preparazione culturale e umana del docente di religione che presenta l’IRC come un momento di confronto, scambio di idee per la costruzione di un futuro di pace e di rispetto tra i popoli e nella società. Ulteriore complessità è dovuta anche alla mancanza di politiche vere di integrazione sociale. Una riflessione teologica difficilmente potrà essere neutra a livello religioso. Il dialogo interreligioso in un approccio teologico prende avvio da una tradizione specifica che in questo caso è inevitabilmente quella cattolica. Una apertura autentica presuppone la capacità di mantenersi saldi nelle proprie convinzioni, ma aperti a comprendere quelle dell’altro, credendo fortemente nella ricchezza che può derivare dal dialogo.

Intervista a cura di Rocco Gumina

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