
“Gli insegnanti di religione cattolica non meritano di essere trattati in questo modo”. Intervista a Nicola Incampo
Con il decreto milleproroghe del 2022 è stato confermato anche per l’anno appena iniziato l’emendamento “Toccafondi” che prevede l’autorizzazione a bandire un concorso ordinario per gli insegnanti di religione. L’estensione dell’emendamento 1-bis.202 al 2022, duramente criticata dalle sigle sindacali e contestata da molti docenti precari, è l’occasione per riaccendere una riflessione sulla situazione che riguarda migliaia di dipendenti dello Stato che in una situazione di precarietà svolgono da molti anni un servizio importante nella scuola italiana. Parliamo di questo tema con Nicola Incampo. Esperto di questioni connesse all’insegnamento della religione cattolica, Incampo è direttore dell’Ufficio scuola della diocesi di Tricarico (Matera).

– Professore Incampo, cosa comporta per gli insegnanti di religione precari l’estensione dell’emendamento 1-bis.202 al 2022?
Stiamo assistendo ad uno spettacolo indecoroso. Gli insegnanti di religione cattolica non meritano di essere trattati in questo modo. La presidenza della CEI il 23 agosto 2021 ha scritto che bisogna: «ribadire la vicinanza alle loro situazioni personali e familiari (quelle degli insegnanti), come pure il nostro sostegno per una sempre migliore stabilizzazione del rapporto di lavoro. Questo tema, infatti, è divenuto oggetto di confronto e dialogo, spesso intensi e preoccupati, con tanti insegnanti (ancora non in ruolo), con gruppi, associazioni e sindacati. Raccogliamo un’apprensione crescente dopo la pubblicazione del DPCM del 20 luglio 2021 che autorizza il Ministero del1’1struzione ad avviare due procedure concorsuali per il reclutamento di 5.116 insegnanti. L’inquietudine di molti riguarda le caratteristiche che potranno avere le due procedure. La risposta sarà nel Bando che, ad oggi, non è stato ancora pubblicato». Questo significa che i vescovi italiani vogliono dialogare con il Ministero dell’istruzione, mentre chi è predisposto a raccogliere le indicazioni degli ordinari diocesani non è all’altezza della situazione. Credo di esprimere il pensiero della maggioranza dei responsabili diocesani IRC quando affermo che i problemi dei docenti e di questo insegnamento erano e sono altri.
– Come ha appena ricordato, in diverse occasioni la presidenza della Conferenza Episcopale Italiana ha ribadito la vicinanza ai docenti precari che – tramite un concorso come quello designato dall’Art 1-bis.202 – rischierebbero di perdere il posto di lavoro. Cosa necessità per mutare la situazione?
A mio parere la “Toccafondi” ha l’obiettivo di mettere fuori dalla scuola chi ha più anni di servizio. Invece la presidenza della CEI afferma che necessita: «un percorso di stabilizzazione che non sia penalizzante per gli insegnati di religione già in possesso di un’idoneità diocesana che attesta la qualità della preparazione». Infatti, è l’idoneità che abilita all’IRC e non il concorso.
– Data l’iniquità dell’emendamento 1-bis.202, riconosciuta non soltanto dagli “addetti ai lavori”, come mai anche quest’anno il parlamento non è riuscito a formulare un procedimento in grado di tutelare la dignità e la professionalità degli insegnanti di religione precari? Qualcuno è interessato alla realizzazione di una procedura concorsuale ordinaria?
Sono convinto che la presidenza della CEI riuscirà sia a mettere da parte i sostenitori di questo processo che ci ha condotti a rinnovare in parlamento l’Art 1-bis.202 sia a valorizzare l’IRC e gli IdR. L’alta percentuale degli alunni che si avvalgono di simile insegnamento è merito solo dei docenti di religione. Rivolgo ai vescovi italiani un appello finalizzato a sostenere chi crede all’IRC e al lavoro dei docenti di questa disciplina e ad isolare chi, invece, non permette la promozione di questo servizio ancora assai utile e attuale per l’intera comunità nazionale.
Intervista a cura di Rocco Gumina