
In ascolto dei giovani. Verso il sinodo del 2018
Ma il Signore mi disse: «Non dire: sono giovane,
ma va da coloro a cui ti manderò
e annunzia ciò che io ti ordinerò.
Non temerli, perché io sono con te per proteggerti».
(Geremia 1, 7-8)
Già il Concilio Vaticano II, nel decreto Apostolicam actuositatem sull’apostolato dei laici, segnalava la rilevanza della questione giovanile per i tempi moderni. Oltre a ricordare la crescente influenza dei giovani nella società odierna, l’assise conciliare registrava che spesso i giovani, in un contesto di radicali e repentini cambiamenti, appaiono: «impari ad affrontare adeguatamente i loro nuovi compiti» (Apostolicam actuositatem, 12). In realtà la giovinezza, intesa come stato della vita a cui mancano dei presupposti essenziali per la piena maturità umana, pare una condizione privilegiata nella rivelazione biblica. Si pensi all’astuzia utilizzata da Giacobbe per ottenere la benedizione dal padre Isacco o alla caparbietà di Giuseppe venduto dai fratelli. Ancora, si ricordi l’intelligenza del piccolo Davide nell’affrontare e vincere il gigante Golia o il peccato del figlio minore che permette la manifestazione – tramite il padre misericordioso – di quell’amore sempre più grande rispetto alle attese. Insomma, come mostra la chiamata del giovane Geremia divenuto profeta dell’Altissimo, Dio predilige comunicare la sua parola a coloro ai quali, per la società e le condizioni del tempo, manca qualcosa in termini di maturità, ricchezza o riconoscimento sociale. Il dato biblico viene ulteriormente testimoniato da quanto, per via della grande esperienza umana e spirituale, scriveva Benedetto nella sua Regola: «Spesso è proprio al più giovane che il Signore rivela la soluzione migliore» (III, 3). Il riferimento alla parola di Dio, alla tradizione e al magistero ci permettono, allora, di provare ad intendere i motivi profondi che hanno spinto Papa Francesco a convocare un sinodo in ascolto dei giovani. Motivazioni che, probabilmente, si legano al “sogno” del vescovo di Roma di avviare una riforma ecclesiale basata non su istanze sociologiche, generazionali o istituzionali bensì sulla parola del Signore della vita rivelata, anche in questi anni liquidi e rarefatti, ai giovani. Una visione, come scrive Francesco al numero 27 dell’Evangelii gaudium, in grado di mutare radicalmente più che di preservare: «Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione».
Il cammino che porterà allo svolgimento del sinodo previsto per l’ottobre del 2018, potrebbe configurarsi – se le chiese locali e le aggregazioni laicali prendessero sul serio il tempo sinodale concesso – come uno spazio di riflessione e azione sul mondo giovanile a partire dal documento preparatorio intitolato I giovani, la fede e il discernimento vocazionale pubblicato lo scorso gennaio.
Il documento inquadra la condizione della giovinezza all’interno dell’attuale contesto contrassegnato da mutamenti, complessità e fluidità che le generazioni precedenti non avevano conosciuto. Il crescente aumento della disoccupazione e la diffusione del triste fenomeno dei NEET (ovvero dei giovani completamente inattivi sul versante del lavoro, dello studio o della formazione professionale) richiedono un ragionamento e una programmazione che siano capaci di germinare cambiamenti nel medio-lungo periodo. Inoltre, i giovani assumono sempre più un atteggiamento di noncuranza nei confronti di qualsiasi istituzione, inclusa la Chiesa, contraddistinto non tanto da espressioni di avversità ideologica quanto da profonda indifferenza. Infatti, molti giovani crescono e maturano senza il bisogno di interfacciarsi seriamente con le istituzioni politiche, sociali e religiose poiché richiedono da queste, non a torto, maggiore vicinanza, autenticità e democraticità. Quindi, come registra il documento, la fase di transizione alla vita adulta necessita di un percorso riflessivo per il quale: «Diventano indispensabili adeguati strumenti culturali, sociali e spirituali perché i meccanismi del processo decisionale non si inceppino e si finisca, magari per paura di sbagliare, a subire il cambiamento anziché guidarlo».
Se questi tempi richiedono una riflessione sul presente e sul futuro dell’umanità, il discernimento alla luce della fede in Cristo Gesù è il contributo che la comunità credente può offrire al mondo e, in particolare, ai giovani. Tale attività viene generata, anzitutto, tramite l’ascolto delle aspirazioni di coloro che sono chiamati a intravvedere il mondo di domani. Un ascolto attento, sincero e voluto che deve culminare con la medesima intensità originata dalla domanda radicale che Gesù pone a due giovani uomini in ricerca: «Che cercate?». Al quesito, la risposta che partorisce la fede si identifica nel vedere – il mondo, la storia, la comunità e la propria singola esperienza umana – al modo di Gesù. Oltre a ciò, tanto per gli adulti quanto per i giovani, gli esiti della risposta devono essere costantemente sottoposti al vaglio dell’interpretazione, del discernimento e della riflessione maturate dal dialogo nel seno della plurale comunità umana poiché, annota il documento, nell’interpretare non si può: «tralasciare di confrontarsi con la realtà e di prendere in considerazione le possibilità che realisticamente si hanno a disposizione».
In definitiva, il sinodo tende a far riscoprire all’interno della Chiesa e a testimoniare nei vicoli delle città che i giovani sono destinati a divenire soggetti protagonisti della storia. Così, l’ascolto dei giovani capaci di accogliere la domanda radicale proveniente dal Signore è una delle vie privilegiate per trasformare ogni cosa. Difatti, nel documento in preparazione del sinodo, si sostiene che: «Se nella società o nella comunità cristiana vogliamo far succedere qualcosa di nuovo, dobbiamo lasciare spazio perché persone nuove possano agire». Per avverare ciò, tanto la comunità credente quanto quella civile dovrebbero assumere l’atteggiamento umile del giovane Salomone il quale, per rafforzare il suo governo su Israele e orientarlo ai propositi divini, non chiede al Signore delle fortune materiali o una lunga vita bensì la saggezza di saper discernere il bene dal male.
Rocco Gumina