
“La nostra Costituzione è giovane e viva”. Una riflessione di Piero Antonio Carnemolla

È venuto il momento di parlare chiaro e anche quello di denunciare come certi discorsi e interventi sono frutto di quel funambolismo parolaio massicciamente presente nei mezzi di comunicazione sociale. Questo tipo di manipolazione verbale è abilmente usato nei programmi televisivi e in particolare nei talk show (definiti anche “salotti televisivi”). In quest’ultimo caso lo spettacolo (show), il più delle volte, è deprimente. Prendo esempio da una recente trasmissione dove, tra l’altro, si commentava il recente discorso del presidente Mattarella tenuto a Rimini in occasione del raduno dei membri e simpatizzanti di Comunione e Liberazione. Un intervistato lo ha giustificato adducendo la seguente motivazione: in ambiente cattolico il Presidente non poteva che parlare da cattolico ai cattolici. La giustificazione è subdola perché è frutto dell’invalso uso finalizzato ad aggirare una domanda scomoda facendo perno su risposte che la sviano. È un’abilità azionata da soggetti obbligati ad apparire nello schermo televisivo ma inadeguati a sostenere discussioni rispetto alle quali si trovano impreparati per la complessità del tema discusso. Bisogna anche guardarsi dal contegno beneducato e riguardoso di questi avventurieri televisivi che celano un retropensiero tossico che, a domande incalzanti, non sono in grado di rispondere. Ci si serve di una fraseologia accattivante e rassicurante che, alla fine, non può che portare allo scoperto sentimenti di rivincita finalizzati a imporre un modo di pensare e di agire in contrasto, se non in aperto conflitto, con principi della nostra Carta Costituzionale. In un limpido saggio Luciano Canfora ha scritto che un tale modo di fare e agire è una vera e proprio doppiezza (L. Canfora La democrazia dei signori, Laterza, Bari 2003, p. XI).
Questa doppiezza si annida in affermazioni apparentemente rassicuranti con l’escludere l’adozione di provvedimenti intesi a limitare le fondamentali libertà riconosciute dalla nostra Costituzione. Ma ancora più preoccupante è il silenzio e l’evitare abilmente precise risposte. La vittoria contro il fascismo, quello del ventennio che coprì l’Italia di vergogna, è tramontato e non si prevede un ritorno: la storia è in continuo movimento e non è soggetta a nostalgiche ripetizioni. Tuttavia bisogna anche riconoscer, con Umberto Eco, che esiste un fascismo eterno riconoscibile tramite alcune caratteristiche come il culto della tradizione, il rifiuto del modernismo il culto dell’azione per l’azione, la paura della differenza che si sostanzia nel razzismo, il disprezzo per i deboli e l’adozione di una neolingua (U. Eco, Il fascismo eterno, , La nave di Teseo, Milano 2017).
Il presidente Mattarella nel suo discorso non ha parlato soltanto da cattolico, ma ha espresso concetti, posizioni e principi largamente condivisi e frutto dell’elaborazione dottrinale plurisecolare, sia cattolica che laica. È stato un invito a prendere coscienza che la nostra Costituzione contiene indirizzi e regole non transeunti o riformabili. È una Costituzione ancora viva, è una Costituzione giovane e per niente superata. Dalla domanda primaria “su che cosa si fonda la società?” – si noti: non la società italiana, ma la società in cui ogni persona vive – il Presidente ne ha ricavato altre in forma interrogativa: «è forse il carattere dello scontro? È inseguire soltanto il proprio accesso ai beni essenziali e di consumo? È l’ostilità verso o il proprio vicino o il proprio lontano? È la contrapposizione tra diversi? O è, addirittura, sul sentimento dell’odio che si basa la convivenza tra persone?»
Tra i tanti diritti, veri o di comodo, un altro ha fatto capolino: il diritto all’odio. Ma l’odio non è un diritto bensì un sentimento che spesso viene usato come arma per raggiungere determinati fini. In Germania, la tentata e sistematica eliminazione del popolo ebraico fu facilitata con la diffusione di libri e opuscoli che educavano le coscienze all’odio. Gli atti violenti e quelli che umiliano la persona hanno origine dal sentimento dell’odio che, all’occorrenza, viene usato per incitare a commettere violenza. Al contrario, l’odio è da sostituire con l’amicizia, come ha affermato autorevolmente il nostro Presidente, e proprio dall’amicizia è nata la nostra Costituzione «con l’amicizia come risorsa a cui attingere per superare – insieme– le barriere e gli ostacoli… per superare, per espellere l’odio, come misura dei rapporti umani. Quell’odio che la civiltà umana ci chiede di sconfiggere nelle relazioni tra le persone; sanzionando, severamente, i comportamenti, creando, così, le basi delle regole della nostra convivenza. Homo hominis lupus di Plauto e il presunto “stato di natura” di Thomas Hobbes hanno, sempre, rappresentato ostacoli per la soluzione dei problemi dell’umanità».

La nostra Costituzione è nata in un periodo in cui emersero tutte quelle qualità personali, intellettuali e di azione che il regime fascista tentò di distruggere. Quel periodo non fu un’”epoca bastarda” – così ancora definita nel 1988 da G. Almirante – ma un felice e provvidenziale incontro tra uomini e donne che seppero discutere e armonizzare le loro differenti vedute Ed è bene ricordare figure come P. Togliatti, G. Dossetti, G. La Pira, R. Lucifero, G. Saragat, A. Fanfani, N Iotti, A. Moro, L. Basso. Lo spirito d’amicizia permise il superamento di steccati ideologici altrimenti non superabili. Sono ancora di straordinaria attualità quel che disse R. Lucifero nella seduta del 4 marzo 1947 in occasione della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica Italiana: «La Costituzione è veramente una cosa sacra; la Costituzione è per il popolo la legge propria che lo garantisce e lo tutela; è la legge che primieramente esso si dà e che scaturisce dalla sua situazione storica, dalle sue esigenze morali e religiose e da tutto quell’insieme che forma il popolo stesso». Ed è bene non dimenticare, come ha ricordato il Presidente, quel Codice di Camaldoli redatto nel 1943 da un gruppo di intellettuali cattolici – tra cui G. La Pira – e anche da ecclesiastici illuminati, vero documento prodromico alla Carta Costituzionale.
I temi trattati da Mattarella sono i più vari ma tutti cementati da alcuni principi che dovrebbero essere alla base di ogni pacifica convivenza. I problemi che riguardano l’ambiente, quelli che emergono dalle neuroscienze, il fenomeno delle migrazioni sono tutte sfide che non attendono rinvii o soluzione tampone. Sulle migrazioni il Presidente ha affermato: «è necessario rendersi conto che soltanto ingressi regolari, sostenibili, ma in numero adeguatamente ampio, sono lo strumento per stroncare il crudele traffico di esseri umani; la prospettiva e la speranza di venire, senza costi e sofferenze disumane, indurrebbe ad attendere turni di autorizzazione legale». Su questo spinoso problema altre considerazioni seguono che, se lette con acume, devono essere considerate vere e proprie “avvertenze “ai naviganti del governo. Con l’adozione di quelle proposte verrebbero meno il triste spettacolo di veder vagare, perché senza meta e senza lavoro, questi nostri fratelli costretti ad emigrare per ragioni che tutti sappiamo. Si devono trovare soluzioni che sappiano armonizzare i bisogni di questi sfortunati profughi con la disponibilità di chi è in grado di accoglierli.
Altro tema spinoso è quello della pace. Riportando un pensiero di Jurgen Moltmann «La speranza è il respiro della vita umana» ha esortato a non rinunciare alla «speranza della pace in Europa… e non ci stancheremo mai di lavorare per fermare la guerra». Saggiamente il Presidente non ha fatto cenno alle cause della guerra in Ucraina, ma ha fatto intendere che è venuto il momento di impedire una deriva di aggressione “del più forte contro il più debole” e quindi è necessario costruire una pace giusta e che non può dimenticare il dramma dei profughi. Bisogna coltivare l’amicizia non solo tra le singole persona, ma tra tutti i popoli che abitano questa nostra terra che abbiamo “incrinato e impoverito”.

Nel concludere il suo messaggio, rivolgendosi ai giovani, ha loro ricordato quanto affermò in un discorso del 1955 Giuseppe Dossetti. Fu una vibrante esortazione a conoscere la Costituzione, di comprendere i suoi principi e di farsela amica e compagna di strada. Questo appello rivolto ai giovani deve essere esteso a tutti coloro che ancora non conoscono la nostra Carta Costituzionale che tutti ci invidiano ma che spesso è calpestata e anche insidiosamente usata per raggiungere discutibili e riprovevoli interessi.
Piero Antonio Carnemolla