Rifondare una cultura della pace

Rifondare una cultura della pace

23 Febbraio 2023 0 Di Rocco Gumina

Prima del 24 febbraio 2022, data dell’invasione russa in Ucraina, erano attivi diverse decine di conflitti in ogni angolo del globo. Si tratta di quella “terza guerra mondiale a pezzi” di cui spesso parla papa Francesco che negli ultimi mesi pare avvicinare sempre più i suoi frammenti. Tramite il conflitto ucraino, questa situazione manifesta sia tutta l’impotenza della comunità internazionale di fronte alla guerra sia un nuovo scontro fra blocchi con modalità da guerra fredda del terzo millennio. In questo contesto, la logica associata al diritto, al disarmo e alla diplomazia subisce un arretramento complessivo e pericoloso. Il pensiero tende alla soluzione dei conflitti e, quindi, alla pace da ricercare – almeno per il momento – attraverso un cammino che sfoci nella consapevolezza della fraternità universale. Ciò non vuol dire sognare ad occhi aperti e neanche tralasciare la dura realtà della guerra bensì stimolare il dibattito culturale, politico, economico e sociale sulla vita dell’uomo nella casa comune che è la terra. Infatti, non basta più il prendere posizione contro o a favore della guerra, contro o a favore dell’invio delle armi a difesa dei popoli aggrediti bensì urge un percorso che riguardi l’intera vita umana.

Al momento viviamo in un mondo in guerra ovvero dinanzi ad un male radicale che andrebbe prima contenuto e poi estinto. La potenza delle armi oggi a disposizione di molte nazioni apre alla possibilità di una sorta di suicidio dell’umanità. Da ogni parte, persino da quella degli aggressori, si richiede la pace ma la questione è connessa all’interrogativo: come ottenerla e con quali esiti? Se il traguardo finale coincide con l’eliminazione definitiva della guerra il percorso per raggiungerlo deve insistere sulla fraternità dei popoli. L’educazione alla pace e l’impegno per ottenerla sono centrali nella vita cristiana. Il magistero della Chiesa ha da sempre denunciato la follia della guerra, l’aumento esponenziale della produzione delle armi, gli effetti devastanti dei conflitti come i morti, le ingiustizie, le sofferenze, le povertà, i movimenti migratori. Per fermare tutto questo occorre una rifondazione della cultura della pace per la quale anche la politica è chiamata a fare la sua parte nel ripensare dalla radice le relazioni internazionali.

Ma da cosa è costituita una cultura della pace? In un testo del 1986 Italo Mancini fissava questa formula della pace «metter in primo piano la coesistenza dei volti, fare dei volti l’assoluto dei nostri atteggiamenti. A cominciare dal santo volto di Dio. Volti da comprendere, volti da rispettare, volti da accarezzare» (Tre follie, Camunia editrice, Milano 1986). Il sessantesimo anniversario dalla pubblicazione della Pacem in terris di Giovanni XXIII rappresenta l’occasione opportuna per tornare a discutere della formulazione e della promozione di una cultura della pace che conduca a quella tensione fraterna di cui parla Mancini. Il testo dell’enciclica ci permette di delineare il contributo della riflessione cristiana sulla pace. Apporto fondato sulla validità sociale e politica di valori come la verità, la giustizia, l’amore e la libertà che possono declinarsi in un’opera volta alla diffusione dell’istruzione per tutti, al riconoscimento della proprietà privata nel grande orizzonte della destinazione universale dei beni, alla tutela della dignità umana strettamente congiunta alla salvaguardia del creato. Naturalmente la finalità del magistero sociale della Chiesa non è congiunta alla ricerca del potere politico e sociale ma alla diffusione di una fraternità universale ispirata cristianamente che spinge a preoccuparsi del povero, dello straniero, della vedova, dell’orfano, del bisognoso. È un nuovo modo di pensare, quello delineato nei Vangeli, che apre la strada ad un umanesimo cristiano destinato a contribuire ad una cultura attenta ai volti umani. Ne deduciamo che per l’insegnamento sociale della Chiesa l’ideale della pace deve divenire percorso storico-concreto al fine di poter indirizzare l’opera dei governi delle nazioni.

Rocco Gumina

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