
Se bastasse un “vaffa”…
Sono siciliano e le parole del mio conterraneo – trasmesse in questi giorni su ogni social e talk show – volte a criticare l’arresto di Matteo Messina Denaro non mi rappresentano in alcun modo. Sono parole sbagliate le sue. Tuttavia, sono parole collocate e pronunciate all’interno di un mondo parecchio complesso.
Allo stesso modo non mi rappresenta Pif con la sua semplice reazione – anch’essa andata in onda su ogni social e talk show – incapace di parlare alla complessità del mondo che ha generato e protetto i latitanti mafiosi come Matteo Messina Denaro.
Infatti, se bastasse un “vaffa” a mettere d’accordo tutti, a stabilire chi è buono e chi no, a cancellare decenni di malaffare e mala-educazione, a far tornare in vita i morti, a superare l’assenza della buona politica, sarei il primo a dire insieme a Pif “vaffa”. Purtroppo non basta simile semplicità di approccio la quale è una delle infinite concause che generano quello stato di cultura mafiosa che adesso – se vogliamo sul serio debellare la mafia – va affrontato e sconfitto.
Educazione, lavoro, formazione, servizi, tecnologia, giustizia, libertà, bene comune, queste parole rappresentano l’alfabeto per arginare e debellare la mafia. Servono soldi, investimenti, progetti e tempo. Servono generazioni in grado prima di vivere e poi di trasmettere il grande valore della lealtà per poter irrobustire di senso la legalità.
Bisogna, infine, conoscere e abitare la realtà complessa di cui si parla. Cioè occorre vivere questa complessità non dall’alto della TV e della notorietà ma dal basso della quotidianità, dell’orizzontalità ovvero arrivare con fatica a fine mese – o non arrivarci affatto – e scegliere nonostante tutto la lealtà, la giustizia e dunque la legalità. Serve un’altra quotidianità per sconfiggere la mafia.
Forse, con l’arresto di Matteo Messina Denaro, è giunto il tempo di vivere, o almeno provare a capire, la quotidianità dei siciliani per arginare sempre più un fenomeno complesso più di quanto si stia rappresentando in questi giorni.
Il 20 novembre del 1979, a seguito di una striscia di omicidi di uomini dello Stato commessi per mano mafiosa, l’allora presidente della regione siciliana Piersanti Mattarella affermava «Occorre trovare la capacità di isolare questa realtà, combattendo qualsiasi forma di connivenza, di collusione, di adesione a questo fenomeno, dovunque possano annidarsi; combatterle anche con durezza, ma sfuggendo al tentativo di realizzare forme di giudizi falsi o affrettati che finiscono con l’essere una attenuazione nella battaglia e nell’affrontare il nemico dove realmente esso si è insediato e dove realmente esso va battuto».
Specialmente in questi giorni, la nostra comunità nazionale e regionale dovrebbe da un lato evitare la formulazione di “giudizi falsi o affrettati” dall’altro andare in profondità nell’analisi del fenomeno mafioso per arginarlo e debellarlo con visioni e progetti vasti, lunghi e capaci di futuro.
Rocco Gumina
Grazie prof.Gumina per il garbo e la lucidità con cui ci fa dono del suo scritto.
Lo condivido in pieno e mi piacerebbe approfondirlo ancora. Senza polemiche del giorno dopo col ritorno alle indifferenze di sempre dopo i ‘funerali’ o le vittorie di qualche battaglia. È lunga la storia di un sistema criminale vecchio di secoli, capace di lungimiranti trasformazioni, di cui in pochi si sono interrogati, al punto che la storia è diventata cultura anomala e criminale del paese di cui nessuno vuole parlare. Ci aspettiamo riforme che partano dalla verità dei fatti per fare giustizia vera, quella che ci fa vivere fiduciosi e in pace. Chi lucra può anche uccidere, che si capisca una volta per tutte. Grazie di cuore.