
Torna il “partito cattolico”? Suggestione di fine estate
In questa estate caratterizzata dal caldo torrido e dalla preoccupazione per la diffusione del Covid-19, in alcuni ambienti è risuonato come “un fulmine a ciel sereno” l’annuncio del prof. Stefano Zamagni, dal Meeting di Rimini, in merito alla possibile nascita a ottobre di un soggetto politico di chiara ispirazione cristiana. In realtà, i lavori per la costituzione di un partito moderato alternativo alla destra e alla sinistra – o meglio a quello che resta di queste definizioni ormai ridotte a etichette insignificanti – vanno avanti da tempo. Infatti proprio il professore Zamagni, insieme all’associazione “Politica Insieme”, ha attivato da anni un processo che coinvolge molti cristiani su tutto il territorio nazionale. Evidentemente il percorso iniziato tempo fa, ha maturato i frutti che molti auspicavano: il ritorno in Italia di un partito d’ispirazione cristiana. Vedremo se ciò si concretizzerà effettivamente ma, intanto, possiamo tornare a riflettere sull’opportunità nella nostra epoca della presenza di un partito che pone le sue radici culturali nell’alveo della cattolicità.
Nella conferenza stampa di ritorno dal viaggio in Egitto del 2017, Papa Francesco ha riportato ai giornalisti un dialogo che ha avuto nei giorni della visita alla nazione nordafricana. In quella occasione, Bergoglio ha affermato: «in uno dei raduni, mentre salutavo la gente, uno mi ha detto: “perché non pensa alla politica alla grande?”. “Cosa vuol dire”, risposi. E mi ha detto, come chiedendo aiuto: “fare un partito per i cattolici”. Questo signore è buono, ma vive nel secolo scorso!». La battuta semplice, immediata e assai significativa di Francesco fa emergere che per l’attuale capo della cattolicità – come ha dichiarato in un incontro del 2015 con il movimento d’ispirazione ignaziana – la via del “partito cattolico” non è ai nostri giorni la strada giusta per l’impegno dei credenti in politica. Sullo sfondo delle dichiarazioni di Bergoglio, si riscontra l’esigenza di calibrare la presenza dei cattolici in politica nel contesto culturale e sociale caratterizzante l’odierno cambiamento d’epoca. In altri termini, Francesco invita i credenti a “fare i conti” con la modernità al fine di avviare le opportune scelte politiche. Si tratta, allora, di leggere i “segni dei tempi” e di promuovere percorsi idonei a questi.
In realtà, già il fondatore del Partito Popolare, don Luigi Sturzo, aveva fatto i conti con la modernità. Nel senso che il presbitero siciliano, consapevole dei prodromi e degli effetti del non expedit, avanzò una chiara formulazione della laicità e dell’aconfessionalità circa la partecipazione dei cattolici alla società attraverso aggregazioni partitiche. Così riuscì a distinguere, una volta per tutte, il piano religioso dell’unità fra i cattolici da quello politico contraddistinto dalla pluralità di opzioni operative. Altresì, Sturzo propose una radicale critica verso ogni tentativo di concretizzare un partito cattolico. Infatti, secondo il prete calatino, la cattolicità appartiene al piano religioso per il quale tutti gli uomini potenzialmente possono essere cristiani. Il partito, invece, è una parte del sistema politico-sociale che si incontra e scontra con altre parti della comunità.
Ma oggi, in merito all’opera politica dei cattolici nel nostro Paese, cosa significa “fare i conti” con la modernità? Anzitutto saper distinguere il passato dal presente. Tanto l’esperienza del Partito Popolare quanto quella della Democrazia Cristiana sono improponibili perché queste rispondevano alle esigenze dei tempi nei quali nacquero e operarono. Per fare due semplici esempi circa le mutate condizioni, possiamo ricordare che i cattolici non sono più la maggioranza numerica del Paese e non ci troviamo dinanzi ad una nazione distrutta dalla guerra mondiale con al suo attivo il più grande partito comunista d’occidente. Di certo, dalle straordinarie lezioni del passato possiamo assumere segni, significati e stili capaci di farci compiere il passo che a noi spetta: avanzare una proposta politica adeguata al nostro contesto.
Siamo sicuri che dinanzi alla complessità culturale, sociale e politica in atto a livello globale, allo sviluppo della tecnologia digitale, al nuovo modo di intendere le appartenenze e le istituzioni, al rinnovato impegno delle religioni per la difesa dei diritti umani e la ricerca della giustizia sociale, al ruolo sempre più influente delle giovani generazioni, sia al passo coi tempi la scelta di avanzare un soggetto politico a partire da un’unica matrice culturale-religiosa? Ancora, alla luce delle mille declinazioni, delle molteplice appartenenze e delle innumerevoli divisioni del terzo settore italiano, di cui Zamagni è esponente altamente qualificato, siamo convinti che questo mondo sia la base più idonea per strutturare un nuovo partito?
Questi interrogativi vanno connessi alla ripresa, o alla metabolizzazione definitiva, degli insegnamenti del Concilio Vaticano II i quali in modo inequivocabile in Gaudium et spes registrano come dato di fatto la pluralità delle scelte politiche, economiche e sociali dei credenti purché finalizzate alla promozione dell’uomo.
Forse queste considerazioni sono in grado di fornirci un assist per superare finalmente il pensiero, ormai fisso da diversi decenni, orientato alla costituzione di un partito di soli cattolici al fine di far maturare una presenza significativa dei credenti nei diversi soggetti politici già presenti o in via di formazione nello scenario italiano. Partiti che, come notiamo dalle cronache quotidiane, tanto a destra quanto a sinistra hanno bisogno di una nuova classe dirigente capace di mediare e di rappresentare la poliedricità, anche religiosa oltre che culturale e sociale, della nostra nazione. Insomma uomini e donne in grado di abitare la complessità e la pluralità a partire dalla propria fede che in nessun caso può divenire totem identitario per il quale separarsi dagli altri.
Solo fra qualche settimana sapremo se il progetto di Zamagni andrà in porto. Tuttavia, se così avverrà, la questione dell’impegno in politica dei cattolici in Italia non troverà risposta definitiva bensì ulteriori spunti di riflessione per declinare l’ispirazione cristiana nell’odierna stagione politica.
Rocco Gumina
Penso che nel panorama (davvero brutto e desolante) politico di oggi, aggiungere un ennesimo partito, non se ne senta poi tutto questo bisogno. Dovrebbe essere un partito veramente innovativo e tutto dipende dagli uomini e dalle donne che lo fonderanno. Ad ottobre sapremo se rimarranno solo suggestioni…