
“Tutto può cambiare”
Pubblico la mia recensione al volume di Andrea Riccardi, Tutto può cambiare. Conversazioni con Massimo Naro, Edizioni San Paolo – Milano 2018, apparsa sul n. 1/2018 della rivista Ho theològos della Facoltà Teologica di Sicilia
Nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium del 2013, papa Francesco ha ricordato con forza e semplicità che la redenzione di Cristo possiede una valenza sociale poiché la salvezza riguarda tanto i singoli quanto le relazioni umane. Da questo fondamento, il vescovo di Roma ne deduce: «l’assoluta priorità dell’uscita da sé verso il fratello» (Evangelii gaudium, 179). Le declinazioni attuali del comandamento evangelico dell’amore verso il prossimo sono molteplici e in costante sviluppo. La Comunità di Sant’Egidio – cresciuta nella periferia di Roma e maturata in tanti luoghi marginali del mondo – testimonia, sulla scia della lezione del Concilio Vaticano II, lo slancio amorevole per gli uomini del nostro tempo attraverso l’accoglienza dei migranti, l’assistenza ai malati terminali, la formazione per bambini e adulti, l’impegno educativo e l’attività diplomatica per la pace nel mondo. Ormai da mezzo secolo, infatti, Sant’Egidio desidera proporre una rilettura concreta dell’evangelo tramite l’attenzione costante verso le periferie esistenziali designate come luoghi centrali per il cristianesimo odierno dal papa “venuto dalla fine del mondo”.
Il libro che si presenta, più che un’intervista classica, è un dialogo fra due amici – così si definiscono nel volume gli autori – sulle modalità della proposta evangelica per l’umanità del XXI secolo alla luce della peculiare interpretazione del cristianesimo realizzata, ormai da cinquant’anni, dalla Comunità di Sant’Egidio. Si tratta di una discussione sul futuro del cattolicesimo mondiale, radicata nell’analisi attenta e perciò fruttificante della storia. I protagonisti di questo interessante e variegato dibattito sono Andrea Riccardi e Massimo Naro. L’intreccio fra le competenze storiche, diplomatiche e culturali del primo con quelle teologico-pastorali del secondo, avanza una riflessione profonda, puntuale e profetica volta al futuro della comunità umana mondiale per la quale il cristianesimo può ancora offrire positività e senso. L’esito del dialogo fra il fondatore di Sant’Egidio Andrea Riccardi e il teologo siciliano Massimo Naro, genera un cristianesimo “dai pensieri lunghi” il quale a partire dalla rilevazione di una chiesa di popolo muove la sua attenzione verso i diversi e scomodi Sud del mondo al fine di operare con un lavoro artigianale per una nuova ecologia umana fatta di solidarietà e pace.
L’epoca della globalizzazione trasforma ogni lascito del passato. Tutto quello che era conosciuto muterà. L’esaurimento di una certa cultura e di determinate istituzioni non significa la fine del mondo ma nuovi scenari possono schiudersi nell’immediato futuro. Questa consapevolezza induce gli uomini del nostro tempo ad un’opera di costruzione volta non tanto ad ottenere risultati nei prossimi anni quanto a gettare le fondamenta per le future generazioni. In uno scenario del genere, per Riccardi e Naro, bisogna anzitutto misurarsi realmente con la storia che viviamo. Ciò invita ad un ripensamento della chiesa la quale non può più identificarsi con l’Occidente poiché la comunità credente è chiamata a diffondersi nel mondo come: «laboratorio di pace e di carità senza confini» (p. 172). Un laboratorio nel quale accettare e vivere – mediante un nuovo umanesimo – la sfida dell’inclusione delle pluralità culturali, religiose, politiche ed economiche presenti nella terra. In quest’ottica, anche la globalizzazione è una via di progresso dato che: «Conoscere il mondo, incontrare genti diverse, significa in qualche modo creare un virtuoso circuito di risorse umane, una positiva circolazione di umanità» (p. 223). Il contributo della chiesa cattolica alla generazione di un nuovo umanesimo potrà svilupparsi tramite un cristianesimo non soltanto emozionale ma anche pensato e profetico dal momento che per Riccardi c’è necessità di: «una fede forte e umile, ma anche pensata. Una fede pensata non rinnega la sapienza della croce, ma sa assumere i gemiti della terra e dei crocifissi, sa cercare le strade per rendere più umano questo mondo e provare a percorrerle» (p. 179).
Nel ripensamento radicale in atto per via della globalizzazione, la dimensione della comunità fraterna sembra essere quel collante per la trasmissione alla nuove generazioni della cultura, della fede e di una visione relazionale dell’uomo. Difatti, per gli autori, l’essere comunità avvia processi di reale solidarietà dove ogni persona assume importanza e significato per gli altri. In tale percorso – una vera e propria “mistica del vivere insieme” per papa Francesco – la chiesa, esperta in umanità e non maestra di verità, è invitata ad ogni latitudine ad avanzare luoghi comunitari capaci di memoria ovvero di custodire e coltivare l’umanità di questo tempo. Contesti relazionali nei quali gli uomini possano riassaporare non tanto l’esistenza di Dio quanto la sua vicinanza e preoccupazione per loro. Così, secondo Riccardi, c’è bisogno di: «esperienze di cristianesimo autentico, che sappiano essere laiche, concrete, aderenti alla vita: vale a dire con un fondamento spirituale e capaci di fare cultura» (p. 235). Quindi, l’essere e il fare comunità si configurano come il vaccino migliore per evitare i rischi di un cristianesimo che, specialmente in alcuni ambienti occidentali, sembra scivolare verso atteggiamenti tipici delle classi borghesi.
Sulla scia dell’insegnamento di Francesco, si tratta per il cattolicesimo del III millennio di avviare processi più che di occupare spazi. Ciò vale anche per l’impegno in politica. Per il fondatore di Sant’Egidio, le associazioni cattoliche devono sviluppare il proprio carisma nella storia e non divenire semplici vivai per una nuova generazione di politici. Tuttavia, il variegato mondo cattolico può continuare a svolgere un servizio alla comunità nel ricordare a tutti il primario bisogno di cultura politica per avviare giuste prassi: «Oggi la politica ha bisogno di cultura. Cultura e non ideologia […] Oggi la politica è gridata. C’è bisogno di pensiero. È finita ormai da molti anni l’era della politica ideologica, ma abbiamo buttato via finanche la necessità di pensieri lunghi che accompagnino la politica. Cultura vuol dire anche coltivare le visioni del futuro di un paese. È il rifiuto di una politica fatta tutta di emozioni, prevalentemente gridata» (pp. 230-231).
L’attenzione alle periferie e l’insistenza sulla chiesa “in uscita” sono i paradigmi più significativi del magistero di Francesco. Simili peculiarità hanno permesso di superare il progetto di un cattolicesimo di minoranza, dai confini chiari e dalle battaglie sui “valori non negoziabili”, che conduceva la comunità credente verso un angosciante isolamento politico e culturale. A parere di Riccardi, l’attuale pontefice ha avuto la forza e la lucidità di esporre un linguaggio e una testimonianza in grado di far uscire il mondo ecclesiastico dall’autoreferenzialità. Parole come utopia, sogno e profezia sono state riprese da Francesco, reinterpretate biblicamente e perciò offerte per presentare il cristianesimo al modo di: «una grande riserva di speranza per tante realtà del nostro mondo» (p. 262). Insomma, il papa prospetta la fede come una storia da vivere e non solo come una formula da tramandare. Se la priorità viene data alla prassi vissuta nella storia alla luce della fede, anche la concezione della riforma delle istituzioni ecclesiali deve mutare poiché più che di una riforma giudica abbisogna un rinnovamento del pensiero illuminato dall’evangelo.
Il dialogo fra Riccardi e Naro si estende ad altri temi che in breve sintetizzano l’opera passata e presente della Comunità di sant’Egidio orientata alla centralità della liturgia, alla crescita dei bambini, alla tutela degli anziani e all’impegno per la pace in quei teatri nei quali il conseguimento di questa rappresenta la prima vera istanza di sviluppo. Un percorso, quello dei due autori, che dalle periferie esistenziali si muove verso il centro per dichiarare al cattolicesimo odierno di tornare ad essere una tenda che segue il cammino degli uomini. Per disegnare e intravedere gli approdi futuri del cristianesimo, urge la profezia di una rivoluzione culturale orientata evangelicamente. Il volume, che si configura come l’introduzione ad una teologia dei poveri e della pace, sembra essere un passo in avanti rispetto a tale disegno.
Rocco Gumina