“Un bene che umanizza il mondo”. La santità nel mondo contemporaneo

“Un bene che umanizza il mondo”. La santità nel mondo contemporaneo

9 Giugno 2018 0 Di Rocco Gumina

Siamo depositari di un bene che umanizza,
che aiuta a condurre una vita nuova
(Francesco, Evangelii gaudium 264)

Il progetto della globalizzazione mostra ogni giorno la profondità delle sue crepe. Con reciproche minacce, le grandi superpotenze economico-militari si spartiscono il mondo. Milioni di uomini e donne sono costretti a fuggire dai loro paesi nativi poiché consumati da secoli di colonialismo. L’inquinamento globale e la consumazione geofisica del pianeta terra non sembrano limitare i piani predatori delle grandi multinazionali spalleggiate dai governi rampanti di antichi e nuovi Paesi. Le diverse criminalità organizzate continuano nello sviluppo dei loro affari con la conseguenza di seminare una sempre più radicata cultura dell’illegalità. In un contesto caratterizzato da questi fattori, quale valore possono assumere il discorso e la proposta di una chiamata alla santità? Papa Francesco, con la sua ultima esortazione apostolica sulla santità nel mondo contemporaneo intitolata Gaudete et exsultate, sembra rispondere a questa domanda.

La riflessione del vescovo di Roma si mostra, anzitutto, come un invito semplice e perciò umano verso un nuovo stile di vita illuminato dall’esempio concreto del maestro di Nazareth, l’uomo-Dio Gesù. Secondo la logica perversa di parte della modernità, la santità parrebbe qualcosa di totalmente inutile. Nella visione di Francesco, invece, la santità è un bene umanizzante alla portata di tutti. Ciò che per molti è insignificante, per il papa delle periferie è l’autentico cammino per riformare lo stile di vita tanto dei singoli quanto delle comunità. D’altronde, è proprio questa la forza attrattiva della testimonianza dei santi ammirati e imitati dagli uomini poiché, in Cristo, hanno proposto un modo alto e radicalmente umano di vivere la vita. Un’esistenza, quella dei santi, che non trova fondamento nella peggiore delle degenerazioni umane qual è l’individualismo, bensì nell’apertura tanto all’amore di Dio quanto a quello per gli altri. Così, la chiamata alla santità pare la via più veritiera per donare un nuovo volto agli uomini di questo tempo e alle loro relazioni familiari, lavorative, sociali, economiche, civili, politiche. Secondo Francesco, la forza disarmata della santità è l’unica a poter cambiare la storia umana poiché è avanzata da un Dio che è: «sempre novità, che ci spinge continuamente a ripartire e a cambiare posto per andare oltre il conosciuto, verso le periferie e le frontiere. Ci conduce là dove si trova l’umanità più ferita e dove gli esseri umani continuano a cercare la risposta alla domanda sul senso della vita» (Gaudete et exsultate, n. 135).

Nell’esortazione, il papa ci ricorda che la chiamata alla santità ha alcune caratteristiche irrinunciabili e comuni in ogni epoca. Prima di tutto, la via verso la santità scardina un atteggiamento di resa, di conservazione o di stallo dinanzi all’esistenza e alle sue difficoltà poiché il Dio della vita non si aspetta che noi «ci accontentiamo di un’esistenza mediocre» (n. 1). La santità, poi, è un cammino che si realizza in un popolo cioè in logiche comunitarie nelle quali – sulla scorta della testimonianza degli altri – ciascuno a modo suo trova la via perché «la vita divina si comunica ad alcuni in un modo e ad altri in un altro» (n. 11). Inoltre, la tensione alla santità è un metodo che conduce gli uomini e le donne all’assunzione piena della storia e delle piccolezze della quotidianità senza fuggire verso il tentativo di costituire una pace interiore del tutto aliena alla realtà. Alla luce di queste peculiarità, Francesco riafferma con decisione che per divenire santi: «non è necessario essere vescovi, sacerdoti, religiose o religiosi. Molte volte abbiamo la tentazione di pensare che la santità sia riservata a coloro che hanno la possibilità di mantenere le distanze dalle occupazioni ordinarie, per dedicare molto tempo alla preghiera. Non è così. Tutti siamo chiamati ad essere santi» (n. 14).

La santità non è un percorso privo di ostacoli. Infatti, il vescovo di Roma sottolinea che il cammino della salvezza viene costantemente aggredito da due nemici – lo gnosticismo e il pelagianesimo – che tanto nei singoli quanto nelle comunità generano illusioni, sviamenti e incomprensioni. Francesco, già ai vescovi italiani – in occasione del suo intervento al Convegno ecclesiale Nazionale di Firenze del 2015 sul nuovo umanesimo in Cristo Gesù – aveva definito lo gnosticismo e il pelagianesimo come negatività presenti spesso fra i credenti. Si tratta di due eresie dei primi secoli del cristianesimo che si riaffacciano con un linguaggio e uno stile diverso ma ugualmente pericoloso. Difatti, lo gnosticismo tende alla costruzione di un pensiero in grado di spiegare interamente il messaggio evangelico tanto da poterlo incastonare in una dottrina dal sistema chiuso. Da ciò si genera una fede totalmente disincarnata che giudica la storia senza viverla. Per il pelagianesimo, invece, la volontà dell’uomo è in grado di compiere qualsiasi cambiamento. Così, le opere dell’uomo tendono sia ad escludere il necessario intervento salvifico mediante la grazia divina sia a giudicare coloro che vengono ritenuti in uno stato di peccato permanente o temporaneo. A questi due nemici della santità, il papa contrappone da un lato la formulazione di una dottrina cristiana dinamica e capace di «generare domande, dubbi, interrogativi» (n. 44); dall’altro una salvezza ottenuta non «dalle nostre opere o dai nostri sforzi, ma dalla grazia del Signore che prende l’iniziativa» (n. 52). Inoltre, a parere di Francesco, gli ostacoli del cammino verso la santità possono essere superati con il ritorno alla fonte che per i cristiani coincide con il messaggio evangelico perfettamente sintetizzato nelle otto beatitudini riportate nel vangelo di Matteo.

Il programma di vita declinato dalle beatitudini è una proposta che si muove a partire dai due poli rappresentati dall’amore verso Dio e per gli altri. Questo fondamento polare dell’esistenza credente tesa alla ricerca della santità, origina – nella concretezza della storia – uomini e donne rinnovati dalla preghiera a Dio e dalla solidarietà al prossimo. Uno stile di vita che – lungi dalle spettacolarizzazioni luccicanti e fumanti della nostra epoca – può realizzare una rivoluzione che cambia nelle profondità la storia del mondo. Una rivoluzione, quella della fede, che a parere di Francesco deve effondersi nella quotidianità, nella piccolezza dei dettagli, in ogni scelta della vita privata e sociale.

Dopo il manifesto per il cattolicesimo del XXI secolo delineato nell’Evangelii gaudium e il discorso profetico sull’uomo e sull’ambiente presentato nella Laudato sì, con l’esortazione apostolica Gaudete et exsultate, Francesco rilegge il perno della vita cristiana, ovvero la chiamata alla santità, come un bene volto a riformare e perciò umanizzare il mondo contemporaneo. Dunque, la Gaudete et exsultate è un altro tassello importante del progetto di riforma della Chiesa annunciato dal Papa “venuto dalla fine del mondo” che prima di coinvolgere l’istituzione ecclesiale deve riguardare il vissuto delle comunità credenti.

Rocco Gumina

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