La Chiesa “calata nella realtà” di don Peppino Diana

La Chiesa “calata nella realtà” di don Peppino Diana

8 Aprile 2024 0 Di Rocco Gumina

La testimonianza genuina, profetica, forte e generosa di don Peppino Diana non necessita di falsificazioni devozionali o moraleggianti. Invece la storia del sacerdote ucciso dalla camorra nel 1994 va riletta nella sua interezza e profondità sia per rendere giustizia ad una vicenda martiriale sia per annunciare un’esistenza profetica alle nuove generazioni di cittadini e di credenti. È questo in estrema sintesi il messaggio che emerge dall’ultimo volume di Sergio Tanzarella – ordinario di Storia della Chiesa nella Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale di Napoli – intitolato Don Peppino Diana. Un prete affamato di vita e appena pubblicato dalla casa editrice Il Pozzo di Giacobbe. Lontano dal ricostruire integralmente la biografia di don Giuseppe, con questo volume l’autore ha inteso indicare: «un primo elenco di problemi aperti che possa promuovere una ricerca storica sulla figura e sull’opera di Diana» (p. 19). Infatti, anche se il nome del presbitero campano è ormai presente nei discorsi televisivi e convegnistici di taluni acclamati leader dell’antimafia, siamo ancora lontani da una ricostruzione culturale, pastorale e spirituale di un’esistenza – quella di Diana – a lungo posta in secondo piano dalla comunità civile e da quella ecclesiale. Così per Tanzarella il martirio di don Peppino offre al nostro tempo da un lato l’importanza di una Chiesa “in uscita” per le strade e i problemi della storia; dall’altro una modalità d’impegno “antimafia” distante dai salotti e dalle manifestazioni ma perseverante nella quotidiana resistenza all’illegalità, alla sfiducia e alla chiusura nel privato.

Con certezza sappiamo che l’uccisione di don Diana fu pensata, voluta e compiuta dalla camorra poiché la pastorale del presbitero campano si contrapponeva radicalmente all’individualismo, all’abuso, all’arroganza, alla violenza del sistema camorristico. All’interno di un contesto politico, sociale, economico permeato dalla presenza malavitosa don Peppino ha cercato, per prima cosa, il riscatto della gioventù attraverso la promozione del pensiero libero e dell’agire responsabile. Secondo Tanzarella l’opera di Diana rivolta ai giovani era destinata a: «tirarli fuori dall’abisso di una disperata rassegnazione dove l’unica salvezza era quella di lasciare il paese oppure vivere senza vedere e ascoltare o, infine, mettersi al soldo della stessa camorra» (p. 156). In tal modo è come se Diana avesse recepito e concretizzato tanto la relazione tra evangelizzazione e promozione umana quanto la straordinaria lezione sull’interpretazione cristiana del fenomeno mafioso che Giovanni Paolo II pronunciò alla Valle dei Templi, in Sicilia, nel 1993. Infatti a partire dall’ispirazione evangelica, don Peppino ha riconosciuto l’importanza di una formazione sociale destinata a generare progettualità sui territori e assunzioni di responsabilità in ambito politico, civile e culturale. È chiaro che, sottolinea Tanzarella, una pastorale del genere aveva – e continuare ad avere – bisogno di una comunità ecclesiale coraggiosa perché capace di rompere con ogni forma di collateralismo e di denunciare i soprusi. Una comunità nella quale i ministri ordinati non possono più pensarsi solamente come funzionari del sacro ed esperti in ritualismi vari bensì come operatori – insieme agli altri – di liberazione e di giustizia.

Il costante studio della Bibbia e di figure come quella di don Primo Mazzolari, ha fatto maturare in Diana una consapevolezza sacerdotale attenta ai segni dei tempi e al valore della profezia. A parere di Tanzarella, soltanto da questo orizzonte di contatto con la realtà può comprendersi la sua azione cioè: «abbandonando il comodo cliché dell’eroismo e del prete anticamorra, restituita alla dimensione umana che non è mai priva di paure, incertezze, contraddizioni, debolezze le quali però in nulla toccano il rendere testimonianza al Cristo anche fino al martirio» (p. 30). Simile percorso ha condotto don Peppino a realizzare gesti profetici come quelli connessi alla rinuncia alle manifestazioni festanti in occasione di ricorrenze liturgiche, a finanziamenti di dubbia provenienza, allo stare in mezzo al popolo sofferente, al fare da sentinella dinanzi alle ingiustizie. Per tutti questi motivi don Peppino è stato ucciso dalla camorra.

Lo studio di Tanzarella ci restituisce la straordinaria attualità di una delle più potenti e intense vicende martiriali contemporanee. Nella sua storia, la Chiesa si è continuamente abbeverata alla fonte dell’esempio dei martiri che sulle orme di Cristo hanno dato la vita a favore degli uomini. La Chiesa convocata in sinodo da Papa Francesco è chiamata a cogliere la genuina testimonianza di Diana per calarsi sempre più nella storia degli uomini e delle donne del nostro tempo. Il volume di Tanzarella è un invito a riflettere e ad agire anche in tal senso.

Rocco Gumina

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