
“Il concorso ordinario per gli insegnanti di religione? Verrà messo nel cassetto”. Intervista al prof. Nicola Incampo

Fra i diversi temi trattati dalla Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana, riunitasi in sessione straordinaria lo scorso 17 agosto, c’è anche la questione connessa all’immissione in ruolo degli insegnanti di religione cattolica. Dopo averlo intervistato, all’indomani del DPCM del 20 luglio scorso che ha autorizzato il Ministero dell’Istruzione a bandire un concorso ordinario per 5116 IdR, riflettiamo sulle dichiarazione della presidenza dei vescovi italiani insieme a Nicola Incampo. Esperto di questioni connesse all’insegnamento della religione cattolica, Incampo è direttore dell’Ufficio Scuola della diocesi di Tricarico (Matera).
– Professore Incampo, nel comunicato della Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana di qualche giorno fa si dichiara la necessità di un’interlocuzione, tra CEI e governo italiano, per valorizzare coloro che da tanti anni svolgono la professione di insegnante di religione cattolica. Una presa di posizione chiara che pare allontanare l’ipotesi di un concorso ordinario. È così?
Per prima cosa chiariamo che il comunicato della Presidenza della CEI mette al primo punto la questione degli insegnanti di religione cattolica, questo per chiarire l’attenzione dei vescovi italiani agli IdR e all’IRC. Detto questo aggiungo che desiderio della CEI è quello di “una sollecita interlocuzione istituzionale positiva ed efficace, diretta particolarmente alla valorizzazione di coloro che da tanti anni svolgono questo servizio”. Si evince chiaramente che si auspica l’apertura di un nuovo tavolo per la discussione delle procedure concorsuali che valorizzi l’esperienza di questi docenti. Questo significa che il concorso ordinario, voluto dai pensatori, verrà messo nel cassetto e si lavorerà, invece, ad una procedura concorsuale da abilitati, così come prevede la norma. Possibilità sempre scartata dai pensatori, ma voluta da tutti gli IdR.
– Inoltre, i vescovi italiani, sottolineano “una situazione complessa e diseguale nelle Regioni e nelle Diocesi italiane” connessa alla stabilizzazione di migliaia di IdR. Di che si tratta?
È davanti agli occhi di tutti che la situazione è “complessa e diseguale nelle Regioni e nelle Diocesi italiane”. Chiara a tutti, tranne ai pensatori che non hanno mai voluto dialogare. Questi pensatori hanno avuto l’abilità di fare una legge che svantaggia solo chi aveva più anni di servizio. Non ho parole per ringraziare la Presidenza della CEI per quanto fatto.
– Nel comunicato, la Presidenza della CEI registra l’importanza dell’avvio di un nuovo tavolo di confronto su questo tema con il governo. Qual è la novità rispetto ai “tavoli di confronto” sinora avviati?
Il tavolo dovrebbe preparare la giusta soluzione all’annoso problema dell’immissione in ruolo di questi docenti. Gradiremmo che questo tavolo venisse guidato, per la Presidenza CEI, da persone che in questa fase hanno dimostrato saggezza e competenza a differenza di chi guida il servizio nazionale.
– Alla luce della comunicazione dei vescovi italiani, cosa possono aspettarsi nei prossimi mesi gli IdR? Adesso, è più probabile l’avvio di una procedura capace di riconoscere e tutelare i precari storici?
Il comunicato della Presidenza ha dato fiducia e speranza a tutti, dico tutti, gli IdR, perché ha fatto sentire tutti “figli della Chiesa” che amiamo e serviamo. Vorremmo ringraziare la Madonna Assunta, perché molti insegnanti hanno accolto il mio invito a pregarla affinché illuminasse i pensatori. Sono sicuro che “il nuovo” tavolo lavorerà per il bene dell’IRC e per il bene dei tutti docenti.
Intervista a cura di Rocco Gumina
Sono Anna, lavoro nella scuola come insegnante di Religione Cattolica precaria dal 2001. Ho svolto il mio lavoro con cura e professionalità. Non ho subito nella scuola nessuna discriminazione per la materia che insegno. Sono stata e continuo a essere discriminata, come cittadina e lavoratore dallo Stato italiano, perché non mi sono stati riconosciuti i miei diritti di lavoratore , faccio parte del gruppo dei “precari storici” da venti anni. Questa mia condizione non mi ha permesso la realizzazione di un sogno: quello di comprare una casa nel luogo dove lavoro (perché le banche non concedono mutuo ai precari). Chiedo allo Stato gli stessi diritti che riconosce agli insegnanti in genere, perché anch’io sono un “insegnante” statale.
Mi auguro con tutto il cuore che le parole del professore Incampo vengano ascoltate, lui è uno dei pochi che conoscendo bene la posizione di noi precari storici ci ha sempre sostenuto e continua a farlo. Che lo Spirito Santo illumini le menti di chi lavorerà per aiutare tutti gli insegnanti di religione!