“La responsabilità non è la tomba della libertà”. Intervista a Mauro Magatti

“La responsabilità non è la tomba della libertà”. Intervista a Mauro Magatti

13 Maggio 2020 0 Di Rocco Gumina

L’emergenza provocata dal Covid-19 spinge verso un ripensamento globale che – nel riguardare dimensioni come la politica, l’economia, la cultura e la tutela dell’ambiente – invita ad una riflessione su valori fondamentali come la libertà.

Delle declinazioni della libertà in epoca di pandemia discutiamo con Mauro Magatti. Sociologo ed economista, Magatti è stato preside della facoltà di sociologia dell’Università Cattolica di Milano dove insegna Sociologia e Analisi e istituzioni del capitalismo contemporaneo. Editorialista del Corriere della Sera e di Avvenire, di recente Magatti ha pubblicato con l’editrice Mondadori il volume Non avere paura di cadere. La libertà al tempo dell’insicurezza.

 

 

– Le necessarie restrizioni per limitare la diffusione del virus ci spingono a riconsiderare la libertà all’interno delle relazioni sociali. Fra le lezioni del Covid-19 c’è quella di intendere la libertà non più come affare individuale?

Nel mio ultimo libro sostengo che la libertà è una relazione e la pandemia che viviamo lo dimostra chiaramente. Noi possiamo contagiare gli altri ed essere contagiati dagli altri. Ciascuno è responsabile dell’altro. Questo è un aspetto costitutivo della libertà che la cultura individualistica aveva messo da parte ma oggi lo possiamo riconoscere con maggiore chiarezza. Così, spero che questa concezione di libertà possa essere compresa più facilmente.

 

– L’emergenza ha reso ancora più visibili le fragilità della nostra società che investono l’economia, la scuola, il mondo del lavoro, il welfare, la sanità. Secondo lei, la crisi che viviamo potrà mettere in discussione anche il mito della produttività e della performance?

Noi veniamo da un’epoca in cui c’era un’idea di crescita come aumento illimitato di possibilità di vita e quindi una concezione quantitativa di sviluppo. Questa pandemia si lega ai temi della sostenibilità sia per come è nato il virus sia per come si è diffuso. Quindi dobbiamo correggere la nostra idea di crescita quantitativa ed espansiva la quale non ci protegge da tutta una serie di problematiche. Lo sapevamo già prima, lo sappiamo con più chiarezza adesso.

 

– Dopo il crollo del muro di Berlino, gli attentati alle Torri Gemelle con la pandemia da Coronavirus siamo di fronte ad un nuovo tornante della storia dove appare ancora attualissima la connessione fra libertà e giustizia sociale sancita dalla nostra carta costituzionale. Concorda?

Noi veniamo da una società nella quale negli ultimi decenni i livelli di disuguaglianza sono molto cresciuti sino a diventare insopportabili. La pandemia ha avuto un merito quello di esporci tutti allo stesso virus che ci ha fatto percepire di essere tutti sulla stessa barca. C’è il rischio che, ammesso e non concesso che l’emergenza sia superata, le differenze e le disuguaglianze tornino a riesplodere o addirittura ad accentuarsi fra coloro che verranno espulsi dal mercato del lavoro o cadranno in povertà. Perciò dobbiamo contrastare questo esito perché porterebbe a conseguenze drammatiche da un punto di vista sociale e politico.

– Se è vero che la nostra epoca ci ha spinto verso un’alterazione dell’idea di libertà ci ha avviati anche alla ricerca mai conclusa e certificata della sicurezza. Alla luce di quello che i paesi occidentali affrontano oggi, come va ripensato il nesso fra libertà e sicurezza?

Tra libertà e sicurezza c’è un opzione. Il massimo della sicurezza è zero libertà, il massimo della libertà è zero sicurezza. Non ci può essere la sicurezza assoluta. Il rischio zero non esiste se si vuole essere liberi. Ovviamente la libertà che si disinteressa completamente della sicurezza è una libertà distruttiva, suicida. La vita sociale e personale sta in mezzo a questa tensione fra libertà e sicurezza. Nel caso della pandemia questo varrà anche nei prossimi mesi nei quali nessuno si può immaginare di decidere per sé. Allo stesso tempo non possiamo cadere nell’estremo opposto e morire tutti in nome di una sicurezza che poi è un fantasma che non si raggiunge mai. In mezzo ci sta una libertà responsabile, consapevole delle situazioni e che si preoccupa dell’altro. Credo che l’alternativa a tutti i regimi dittatoriali sia la libertà responsabile.

– Nel suo ultimo libro intitolato volume Non avere paura di cadere. La libertà al tempo dell’insicurezza, lei afferma che “abbiamo bisogno di una libertà che sappia essere responsabile”. Può spiegarci questo passaggio?

Noi abbiamo spesso quest’idea che essere liberi significhi slegarsi da tutti i vincoli, dalle relazioni, poter disfare quello che si vuole, andare di qua e di là. Questo sembrerebbe il massimo della libertà. Poi se qualcuno lo chiede, riduco di poco la mia libertà cercando di divenire responsabile come ad esempio nella vita di famiglia. Questa è un’idea sbagliata di libertà perché la responsabilità non è la tomba della libertà, ma la responsabilità è il modo in cui la libertà si può esprimere senza perdere se stessa e distruggere il mondo. Se si vuole essere liberi nel senso di non essere responsabili alla fine non si riesce a concludere nulla perché la libertà si esprime solo nella responsabilità e in nessun’altra forma.

 

Intervista a cura di Rocco Gumina

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