Regionalismo differenziato o sovranità regionale? Una critica al disegno di “legge Calderoli”

Regionalismo differenziato o sovranità regionale? Una critica al disegno di “legge Calderoli”

9 Dicembre 2023 2 Di Rocco Gumina

Il regionalismo differenziato è uno di quei temi che assumono una sorta di perenne attualità alla quale non corrisponde un’adeguata riflessione da parte dei cittadini spesso distanti, e finanche ignari, delle conseguenze della piena attuazione dello stesso. La questione connessa alla richiesta di maggiore autonomia da parte delle regioni apre ad una serie di tematiche connesse alla salvaguardia dell’interesse nazionale all’interno di un Paese già pesantemente differenziato nella capacità di produrre benessere e sviluppo per i cittadini. In questo scenario, oltre a criticare ogni iniziativa legislativa volta a istituzionalizzare i divari presenti nelle varie aree territoriali, occorre avanzare qualche idea a partire dalla sussidiarietà verticale e orizzontale che emerge fra i più importanti valori costituzionali.

Di certo il dibattito sul regionalismo differenziato non è nuovo. È un tema congiunto all’organizzazione del nostro Stato poiché riguarda la distribuzione dei compiti dei diversi livelli di governo territoriale chiamati ad avere una visione unitaria. Da anni alcune regioni chiedono forme e condizioni particolari di autonomia avanzata alla luce dell’articolo 116 comma 3 della costituzione. Questa richiesta nasce dal tentativo di completare il disegno regionalista avviato nel 1970. Ora, l’idea di affidare alle regioni le diverse competenze (lavoro, welfare, istruzione, sanità ecc.) implica una profonda revisione dell’organizzazione istituzionale della nostra nazione poiché si tratta di trasferire le funzioni agli enti locali invitati a potenziare la loro capacità di coordinamento. In simile processo di profonda trasformazione istituzionale non possiamo ignorare lo storico divario in termini di sviluppo generale fra Nord e Sud Italia congiunto al principio della salvaguardia dell’interesse nazionale sancito dalla nostra costituzione.

Da questa analisi deduciamo che la piena attuazione del regionalismo differenziato implica aspetti di carattere istituzionale e finanziario. Tuttavia, secondo diversi osservatori e studiosi, il problema principale è legato alla riforma dello Stato che deriverebbe dalla realizzazione dell’autonomismo differenziato. Una riforma che spingerebbe il nostro Paese verso modelli federali come quelli delineati nel sistema francese e tedesco. In tale assetto, lo Stato è chiamato ad assicurare che le regioni svolgano correttamente le funzioni concesse. Ciò, al momento, in Italia non è possibile poiché mancano strategie economiche, politiche e sociali in grado di rispondere alla situazione di crisi e di superare il divario tra aree sviluppate e zone arretrate del Paese. Divario registrato, ancora una volta, dalle recenti indagini del CENSIS[1] e della Svimez.[2] Pertanto, in primo luogo siamo invitati a superare simili criticità per poi volgerci verso disegni istituzionali come quello del regionalismo differenziato.

Va precisato che la contrarietà al regionalismo differenziato non assume carattere ideologico bensì pratico-funzionale. È opportuno aumentare l’autonomia degli enti locali – come suggerisce la sussidiarietà verticale tracciata nella carta costituzionale – qualora questi siano in grado di amministrare le competenze riconosciute con maggiore efficacia ed efficienza rispetto a quanto avviene con l’odierno sistema. Infatti il responso sarebbe favorevole soltanto qualora la gestione decentrata risultasse utile, meno costosa e non contraria al dettato costituzionale. In altri termini non è più tempo di discutere ideologicamente se all’Italia serva o meno l’autonomia anche perché gli studi a livello internazionale dimostrano che non ci sia nesso fra regionalismo e maggiore efficacia ed efficienza. Allora, una volta sgombrato il campo dagli approcci ideologici, siamo invitati ad avviare un dibattito serio sulla riforma istituzionale purché non si indeboliscano ancor di più quei territori contraddistinti dal sottosviluppo economico e sociale. Già adesso, senza regionalismo differenziato, perdiamo capacità competitiva all’interno del Paese e all’esterno nei confronti dell’Unione Europea e del resto del mondo globalizzato. Così la richiesta di maggiore autonomia risuona come problematica perché esiste nel Mezzogiorno una cittadinanza limitata che quel tipo di regionalismo andrebbe ad accrescere.

Il Consiglio dei Ministri presieduto da Giorgia Meloni ha approvato un disegno di legge-quadro (ridefinito “legge Calderoli”) teso a dare attuazione dell’articolo 116 comma 3 della costituzione italiana. Per via di quanto riportato sinora sembra opportuno affermare che tale iniziativa rischia di istituzionalizzare gli enormi divari presenti fra le diverse regioni italiani e, pertanto, di delinearsi più come forma di “sovranità regionale” che come percorso verso l’autonomia differenziata. L’approvazione del progetto di legge attribuito a Calderoli rappresenterebbe un duro colpo per l’unità nazionale perché amplificherebbe le diseguaglianze regionali rendendo nei fatti impossibile ogni tentativo di applicazione del principio di uguaglianza dei cittadini.

La critica alla “legge Calderoli” non implica l’impossibilità di discutere sulla maggiore autonomia degli enti locali. Anzi, l’opposizione alla proposta governativa dovrebbe indurci a ipotizzare un regionalismo basato sulla consapevolezza che le istituzioni a qualsiasi livello devono supplire alle mancanze delle comunità senza togliere la possibilità alle stesse di provvedere in modo autonomo ai loro bisogni. Ciò significa non interferire nella vita interna di un ente inferiore ma sostenerlo in caso di necessità. Così la sussidiarietà – nel valorizzare le persone, i territori e le istituzioni in una logica di coesione e di solidarietà nazionale – è il giusto mezzo per ripensare il regionalismo in Italia.

Rocco Gumina


[1] CENSIS, 57° Rapporto sulla situazione sociale del Paese, 2023.

[2] Svimez, Rapporto Svimez 2023.

CONDIVIDI QUESTO ARTICOLO