Sondaggi e Vangelo

Sondaggi e Vangelo

28 Agosto 2023 0 Di Rocco Gumina

Primo pomeriggio di una calda giornata di fine agosto. Ricevo una riflessione di un mio caro amico, un giovane presbitero con alle spalle ormai diversi anni di sacerdozio, sulla questione connessa al crollo della partecipazione dei credenti alle celebrazioni liturgiche e alle attività parrocchiali.

In sintesi, il mio amico mi invita a riflettere insieme a lui di questo tema stranamente apparso con cifre e titoloni – soprattutto su certa stampa – all’indomani della Giornata Mondiale della Gioventù svoltasi in Portogallo.

Ho riflettuto qualche momento e poi, come se avessi già affrontato in passato il tema, gli ho presentato il mio parere.

Agli occhi di una lettura sociologica la questione è chiara: assistiamo al crollo verticale delle presenze dei cattolici alla vita spirituale e sociale della loro chiesa.

Disaffezione, maturazione di altre convinzioni, preoccupazioni per altre questioni, pandemia da Covid-19, tutti questi elementi hanno portato nel corso degli anni ad una significativa riduzione numerica della comunità cattolica del nostro Paese. Nulla da obiettare. È così, i dati lo dimostrano.

Ma questa lettura non basta.

Se, infatti, tentiamo un’interpretazione evangelica degli eventi sociologicamente presentati le cose possono assumere un’altra densità e, pertanto, ulteriori significati. Una lettura teologica della storia ci invita a considerare che questo è il tempo di un’adesione alla comunità credente a partire dalla personale consapevolezza.

Nella nostra società, infatti, non si paventano più quelle pressioni culturali e politiche che favorivano un certo assenso di massa tipico di una società cristiana. Oggi, al centro c’è la persona che tramite un libero discernimento opta consapevolmente per la partecipazione o meno alla vita delle parrocchie e dei movimenti ecclesiali.

Ciò non significa, o non dovrebbe significare, ridurre la Chiesa ad una sorta di rete di “piccole comunità apocalittico-profetiche” chiuse in se stesse e distaccate dal mondo e dalla storia.

Invece, in modo consapevole si tratta di essere una buona volta chiesa di popolo – come afferma papa Francesco – ovvero non massa semincosciente ma comunità in grado di vivere in mezzo alla gente comune e lì divenire lievito.

Questa lettura, tutt’altro che consolatoria o remissiva, apre ad altre riflessioni.

Forse è giunto il tempo di rivedere sul serio la prassi pastorale delle nostre chiese ancora troppo spesso ancorata ad una lettura – seppur nella maggior parte delle volte implicita – che separa la fede dalla vita e dai luoghi degli uomini, delle donne e dei giovani del nostro tempo. Pertanto non possiamo prendere sottogamba – come pare emergere diffusamente – il tempo sinodale voluto fortemente da Bergoglio per ripensare la nostra presenza credente oggi.

Se ci fermiamo a leggere sociologicamente quello che accade nelle nostre comunità non avremo occasione di cogliere quanto il Signore della vita ci chiede in questo tempo.

Può darsi che sia arrivato il momento di mettere da parte i calcoli volti a quantificare ed etichettare quanti sono all’interno del recinto per favorire quel processo di avvicinamento verso il mondo.

Insomma si tratta di avviare con coraggio una sorta di kènosis (svuotamento) comunitario teso ad intendere quanto di buono e bello c’è nel mondo di oggi per tornare a generare e ad offrire senso.

Su tutti l’esempio della pastorale giovanile è emblematico.

Se continuiamo ad ignorare i temi, i luoghi, le modalità, i ritmi, le visioni, l’impegno delle nuove generazioni come potremmo sperare in una loro presenza negli spazi liturgici e parrocchiali?

Rocco Gumina

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