Sul governo Draghi

Sul governo Draghi

15 Febbraio 2021 0 Di Rocco Gumina

Il governo guidato da Mario Draghi è all’inizio del suo percorso. Siamo nella fase di preparazione e partenza. Infatti, il nuovo esecutivo deve ancora ottenere la fiducia dal parlamento.

Come era prevedibile, entusiasmi e malumori – più i secondi che i primi in verità – hanno accompagnato le ore successive alla scelta dei nuovi ministri. Alcuni si aspettavano soltanto i migliori, ossia i tecnici, o quantomeno un personale – proveniente dai partiti – maggiormente qualificato o non protagonista di stagioni precedenti. Seppur legittimi e rispettabili, diversi dei dubbi mossi all’operazione Draghi sono debitori, a mio avviso, a visioni tanto moralistiche quanto non del tutto capaci di intendere la situazione politica del momento.

Credo che una riflessione sul nuovo esecutivo debba partire dalle motivazioni genetiche dello stesso poiché la politica è fatta di processi e passaggi da ricostruire sempre per comprenderne il senso. 

Dopo il fallimento dei dialoghi della vecchia maggioranza, e pertanto dell’ipotesi Conte III, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha rivolto alla nazione e ai suoi rappresentanti politici un discorso gravoso. Per l’inquilino del Quirinale, le forze presenti nelle due camere del parlamento erano chiamate a un’opera di coesione finalizzata a garantire, in questa delicata fase internazionale, un governo stabile. Mattarella ha sostenuto che celebrare una tornata elettorale nel periodo di pandemia avrebbe significato sia una notevole diffusione del virus sia la concreta possibilità di perdere il finanziamento connesso al recovery plan. In sintesi, il capo dello Stato ci ha ricordato due questioni vitali per il nostro Paese: la democrazia, con i suoi relativi momenti elettorali, non può svolgersi online bensì abbisogna di relazioni, incontri, partecipazione tutte realtà impossibili da realizzare in questo tempo contraddistinto dalla diffusione del Covid-19; il recovery plan è l’occasione da non perdere per il presente e il futuro della nostra comunità nazionale.

Tali motivazioni hanno spinto quasi tutte le compagini politiche attive in parlamento a convergere verso un governo di unità nazionale. Si tratta di un accordo politico – con tutta la responsabilità che questo comporta – raggiunto con l’intento di perseguire il progetto tracciato da Mattarella. La mediazione dell’operazione è stata affidata a Mario Draghi il quale – oltre a non avere bisogno di presentazioni – ha manifestato spiccate doti politiche. Difatti, l’ex presidente della BCE è riuscito a coinvolgere la quasi totalità delle forze politiche che, sino a qualche ora prima, si erano scambiate scomuniche e condanne senza possibilità di appello.

Da Salvini a Calenda, da Berlusconi a Zingaretti, da Grillo a Bersani, Da Bonino a Quagliarello, l’esecutivo Draghi è riuscito a comporre fratture e a distruggere muri presenti da anni tanto da ricordarci la celebre verità per la quale in politica, come nella vita, “mai dire mai”. C’è da registrare, altresì, che buona parte dei partiti ha risposto positivamente all’appello alla maturità avanzato dal presidente della Repubblica. Se questa è la ricostruzione di quanto accaduto è evidente che il nuovo governo dovesse contenere figure e leader delle forze che formano la nuova maggioranza. Oltre al “partito di Draghi” costituito da alcune personalità di riconosciuta professionalità, e non a caso poste nei dicasteri fondamentali per l’attuazione del recovery plan, i partiti hanno diviso le responsabilità di governo alla luce del loro peso in parlamento e con figure che, in un modo o in un altro, rappresentano l’elettorato che li ha scelti.

Dato che si tratta di un governo politico, occorre entrare nel merito delle scelte politiche effettuate per avanzare più che delle critiche, almeno al momento, alcune perplessità. Due sembrano le questioni problematiche: il 75% dei ministri ha una provenienza territoriale collocata al nord della penisola; le donne che ricoprono l’incarico di ministro sono poco più di un quarto della totalità. Questi, a mio parere, sono temi che in un modo o in un altro potranno condizionare il cammino dell’esecutivo. Per la nuova compagine governativa cosa significherà il sottosviluppo del meridione d’Italia? Per il nuovo governo, come si declinerà la diversità e la pluralità sociale, politica, economica e culturale? I prossimi passi del presidente Draghi e dei suoi ministri daranno risposta a queste domande. Anche su simili questioni l’apporto dei partiti, votati dai cittadini alle ultime elezioni politiche, sarà vincolante.

Draghi è consapevole che il suo governo avrà il tempo che gli sarà concesso dai partiti. Quest’ultimi sanno molto bene che senza un uomo come il nuovo presidente del Consiglio, difficilmente si sarebbe realizzata un’operazione del genere. L’accordo politico durerà fin quanto questi fattori resteranno in equilibrio.

Il cammino è appena cominciato. Auguri al governo Draghi, auguri all’Italia.

Rocco Gumina

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