“Tutto può cambiare è un invito ad uscire dall’irrilevanza”.  Intervista ad Emiliano Abramo

“Tutto può cambiare è un invito ad uscire dall’irrilevanza”. Intervista ad Emiliano Abramo

11 Luglio 2018 0 Di Rocco Gumina

Sulla testimonianza evangelica della comunità di Sant’Egidio, abbiamo intervistato Emiliano Abramo, responsabile a Catania della comunità fondata da Andrea Riccardi e fondatore del movimento politico “È Catania” con il quale ha partecipato alle ultime amministrative catanesi.

 

– Andrea Riccardi e Massimo Naro intitolano il loro recente volume con l’espressione “Tutto può cambiare”. A tuo parere, quale significato assume tale concetto nell’odierna fase di “cambiamento d’epoca”?

Il cambiamento in quanto tale non è mai un valore assoluto, ma lo può essere se vi è un cambiamento in positivo. Una “nuova epoca”, pertanto, può anche non essere qualcosa di positivo, anzi bisogna fare attenzione al riproporsi di alcuni sentimenti ed esperienze come quelle emerse nel secolo passato: xenofobia, razzismo, populismi sembravano meno presenti nel terzo millennio di quanto pensavamo, invece si sono riproposti. “Tutto può cambiare” è un invito ad uscire dalla irrilevanza, ad assumersi responsabilità e a cambiare il mondo a partire da se stessi. La via è quella del Vangelo, quella sulla quale si incontrano le donne e gli uomini e si impara a camminare insieme rispettando il passo. Impareremo a camminare con il passo lento dell’anziano, con quello svelto dei più giovani o a fermarci per riposare magari la sera, insieme agli altri, godendo nella preghiera comune della compagnia di Gesù. L’esperienza di Sant’Egidio sin dalle sue origini è sempre stata questa e aiuta ed incoraggia nel credere che tutto può cambiare.

 

– Nello scorso aprile a Caltanissetta, hai partecipato alla presentazione del volume edito recentemente dalla San Paolo. Nel tuo intervento hai ricordato che il cristiano è chiamato a ridestare “l’anima della città”. In che senso?

È Papa Francesco che nella sua bella esortazione Evangelii Gaudium parla dei nuovi paradigmi e dell’anima delle città. Credo che anche in questo bisogna uscire dalle proprie abitazioni, dai luoghi di lavoro, dai propri microcircuiti con una consapevolezza: le città hanno un’anima. È quella ferita dei tanti che vivono per strada ai quali non viene riconosciuta dignità; è quella che rischia di non essere mai accarezzata dalla mano dolce e saggia dell’accoglienza perché respinta da porti chiusi; è quella che ricorda al mio cuore che l’altro mi interessa al punto da suscitare in tanti la voglia di percorrere le strade delle proprie città in modo diverso. Questo modo di camminare, di guardare la città con uno sguardo più umano, direi spirituale, è il riconoscere l’anima della città che continua ad attrarre i migliori sentimenti dei suoi cittadini. Ecco perché il nascere di nuovi paradigmi, di nuove povertà, di nuovi modelli di vita non preoccupano le città: sono vive, hanno un cuore nel petto, hanno un’anima!

 

– Cinquant’anni fa, la Comunità di Sant’Egidio nasceva nelle periferie di Roma dall’iniziativa di un gruppo di giovani. Oggi, la Chiesa universale è guidata da un papa che ha riposto al centro dell’attenzione di tutti le periferie esistenziali. Sant’Egidio è stata profetica. Che significa oggi rimettere al centro le periferie?

Le nostre città sono spesso ricche di periferie ma raramente c’è un centro verso il quale guardare, quindi spesso le periferie esistenziali come quelle geografiche vivono un grande stato di abbandono. Sant’Egidio questo lo ha capito sin dalle sue origini e ha provato a creare in diverse periferie geografiche sedi, luoghi di preghiera e di incontro, servizi, insomma tutti quegli orientamenti che aiutano ed indirizzano le periferie ed i periferici. Credo che mettere al centro le periferie sia la scelta di dare a tutti una direzione, quello che chiede l’uomo solo difronte le difficoltà che la vita gli pone come l’assenza di lavoro, la malattia o la solitudine in generale. Questo è possibile, è una scelta del cuore, dell’uomo, della società e della Chiesa.

 

– Nel suo volume, Andrea Riccardi afferma che oggi le grandi aggregazioni cattoliche non hanno in primo luogo il compito di formare una nuova classe attiva in politica bensì di ricordare la fondamentale importanza della cultura in politica. Perché abbiamo urgente bisogno di cultura politica?

Dopo aver preso atto della fine delle due grandi scuole di politica, quella della Chiesa e quella del Partito Comunista, concordo con Riccardi nel non riversare nel dibattito politico, sempre più aggressivo e simile ad una bolgia, solo persone cresciute in ambienti cattolici. Piuttosto, serve una cultura cristiana in politica, saggia e portatrice di valori precisi come la solidarietà, l’umanesimo, la vita umana da difendere sempre e tanto altro ancora. Credo che tutti sentiamo il bisogno di un dibattito politico che abbia anche questa cultura e che parli non solo di contenuti diversi, ma anche in modi diversi. Siamo in definitiva stanchi delle urla e dell’aggressività in politica che spesso nascondono un grande vuoto di visione dell’Italia e dell’Europa.

 

– Dopo diversi anni di volontariato con la Comunità di Sant’Egidio, hai deciso insieme a tanti giovani e professionisti di impegnarti direttamente in politica a Catania tramite la tua candidatura a concorrere per il ruolo di “primo cittadino”. Dopo il risultato delle urne che non ha particolarmente premiato i vostri sforzi, come proseguirà il progetto politico che avete lanciato per Catania?

Il risultato ottenuto a Catania è un umile inizio, ma è anche la volontà di oltre 5.000 persone di avere un nuovo inizio per la città che si interessi di alcuni temi come la legalità, la difesa delle fasce più deboli, il contrasto alla mafia, la trasparenza amministrativa, le periferie. Credo che le ultime elezioni amministrative – per me e per chi ha intrapreso questa avventura con me – siano la presa di coscienza che bisogna lanciare un laboratorio politico capace di osservare, vigilare e proporre soluzioni ai problemi della collettività.

 

 

 

Intervista a cura di Rocco Gumina

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