“Urge la transizione verso un paese sostenibile”. Intervista a Grammenos Mastrojeni

“Urge la transizione verso un paese sostenibile”. Intervista a Grammenos Mastrojeni

17 Agosto 2023 0 Di Rocco Gumina

L’Italia è il Paese dai mille volti. Infatti alle risorse culturali, sociali e paesaggistiche si legano problemi strutturali e di approccio alla gestione di tutto ciò che concerne la “cosa” pubblica. Abbiamo bisogno di un piano di sviluppo in grado di mettere insieme le enormi positività presenti nei nostri territori. Di questo tema discutiamo con Grammenos Mastrojeni. Diplomatico, docente e scrittore, Mastrojeni è Segretario generale aggiunto dell’Unione per il Mediterraneo. In questi giorni è stato pubblicato da Città Nuova il suo ultimo saggio intitolato Vola Italia. Ridare le ali a un Paese insostenibile.

– Professore Mastrojeni, nel suo ultimo saggio – Vola Italia. Ridare le ali a un Paese insostenibile (Città Nuova, 2023) – propone una prospettiva nuova per l’Italia. Di che si tratta?

L’Italia ha obbiettivamente urgenza di un piano organico di rilancio, ma la politica – o le sue ideologie – non sembrano capaci di produrlo. Eppure, ce n’è uno, con basi scientifiche e non ideologiche, già servito su un vassoio d’argento: la transizione verso un paese sostenibile. Una vera transizione davvero darebbe le ali al nostro paese, perché il territorio italiano è fra i più ricchi al mondo di quelle risorse che sospingono il benessere – e anche lo sviluppo – in una economia e società sostenibili. Addirittura, con i fondi europei, ci pagano buona parte del biglietto per salire su questo aereo. Tuttavia non sta accadendo perché si confonde sostenibilità con tutela dell’ambiente, mentre è molto di più. Il libro, su basi scientifiche, spiega cos’è la sostenibilità e come farne un piano di rilancio dell’Italia. Insomma… un PNRR attuato come si deve.

– Al cuore della sua proposta c’è una comprensione integrale della sostenibilità la quale è destinata a incidere in ogni aspetto politico e sociale. Quindi la sostenibilità non riguarda soltanto l’ambiente?

Valorizzare i territori, rispettandone anche il potenziale ecologico, è una logica conseguenza di un approccio sostenibile, che oggi risalta perché abbiamo fatto un disastro decidendo di svilupparci distruggendo le risorse invece di rinnovarle e proteggerle. Ma la sostenibilità è altro, è un nuovo modo di fare quel calcolo che orienta ogni scelta: prevedere costi, rischi e risultati. Questo lo facciamo da sempre, ma in passato si considerava solo il settore in cui si compiva l’operazione; diventiamo invece sostenibili se estendiamo il computo di costi rischi e risultati oltre il nostro settore e lo estendiamo a tutte le correlazioni che governano il paese e il pianeta. Sembra astratto, ma è banale: se una certa acciaieria – invece di calcolare solo all’interno del settore acciaio il vantaggio di minimizzare i propri costi schivando le cautele ambientali e della salute – si fosse fatta carico dei costi necessari per evitare inquinamento e cancri, non si sarebbe suicidata con le proprie mani.

– Alla base di una prospettiva nuova per l’Italia urge l’impegno responsabile dei cittadini. Perché il rilancio comincia con ognuno di noi?

Per compiere il calcolo esteso all’intero sistema, occorre interpretare ogni territorio. Ma questo non lo si può fare dall’alto; solo i suoi abitanti, i suoi protagonisti di tutti i giorni, lo conoscono a sufficienza. Quindi una politica sostenibile è necessariamente un coinvolgimento, un dialogo, con i cittadini ove le istituzioni coordinano ma chi decide cosa si fa di una certa rotonda all’incrocio sono i suoi utenti, i commercianti, le scuole. È una gigantesca operazione democratica e delegittima la corruzione e l’evasione in maniera strutturale. Se un territorio lo senti tuo, sei il primo a cercare di sbarazzarti dei furbetti.

– Il nostro Paese ha bisogno di semplificare le prassi burocratiche e in genere amministrative. Urge un cambiamento di mentalità?

È una necessità e una logica conseguenza di una politica di dialogo attivo: se diventiamo solidali nel valorizzare un territorio che ci riempie di benessere – e anche soldi! – non serve più una burocrazia e una fiscalità kafkiane, che sono un cappio di complicazioni perché sono fondate sulla sfiducia verso il cittadino che si dipinge come sempre alla ricerca di una scappatoia o di una furbata. Oggi spesso è così perché la complicazione alimenta sé stessa: finisco per eludere, magari mio malgrado, perché la legge è inapplicabile; e allora la legge diventa ancora più complessa e inapplicabile per disinnescare anche questa tua nuova elusione. Bisogna spezzare il circolo vizioso, e una politica di dialogo partecipato è l’occasione per una normativa – e una cultura – basate sulla fiducia fino a prova contraria.

– Lo scenario globale nel quale siamo immersi obbliga tutte le nazioni a dare importanza tanto alla politica interna quanto a quella estera. Quali peculiarità dovrebbe assumere l’impegno internazionale dell’Italia?

Un approccio sostenibile – scientificamente e non sul piano pii principi buonisti – svela qualcosa di contro-intuitivo: che la scelta etica è anche quella che soddisfa meglio il tuo interesse, e non l’idiozia dei fessi. Perché se non si mettono in moto catene di conseguenze che danneggiano gli altri ci risparmiamo la loro reazione che prima o poi ci raggiunge. Propongo allora di rompere con alcuni canoni tradizionali della diplomazia: la politica estera serve a proteggere l’interesse nazionale e questo rimane vero; ma se il nostro migliore interesse fosse integrare invece di prevalere? Proteggere invece di vincere? Condividere invece di accaparrare? L’analisi scientifica – lo sottolineo – ci dice proprio questo, anche se è sempre difficile superare mentalità millenarie.

Intervista a cura di Rocco Gumina

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