Il cristianesimo non si difende ma si vive. Riflessioni sul “caso” San Cataldo

Il cristianesimo non si difende ma si vive. Riflessioni sul “caso” San Cataldo

20 Ottobre 2021 1 Di Rocco Gumina

Il dibattito sancataldese sulla rilevanza dei “valori cristiani” nella società mi è parso sin da subito come qualcosa d’altri tempi. Tra un linguaggio assai affine a quello delle scomuniche a un altro aperto al futuro ma non ancora denso di chiarezza e percorribilità, di sicuro le riflessioni del prof. Alberto Maira e dell’esponente PD Marco Andaloro, persone che conosco e stimo, hanno riacceso un tema mai del tutto spento: il contributo dei cattolici alla vita del Paese.

Se diamo per buona la tesi di Romano Guardini, per il quale il cattolicesimo non coincide con una carta dei valori da rispettare o con una peculiare interpretazione filosofico-storica della realtà bensì dal condividere la stessa visione che Cristo ha sul mondo a partire dalla croce, deduciamo che il cristianesimo propone, ancor prima di qualsiasi altra cosa, una persona concreta portatrice di un messaggio di salvezza: Gesù.

Il messaggio del Cristo è chiaro e coincide con l’annuncio del Regno di Dio promotore di riscatto, e dunque salvezza, per gli afflitti della storia: poveri, malati, emarginati, fragili, umili, storpi, scartati. Quindi, ancor prima che declamare valori da rispettare, il cristianesimo offre alla società un messaggio in grado di capovolgere l’ordine di tutte le cose: non si tratta di condividere le gesta dei prepotenti, magari legittimandoli tramite una religione civile, bensì di assumere la vita degli ultimi al fine di promuoverla integralmente.

Ciò ci fa intendere che anziché favorire parziali liberazioni sociali e politiche, il cristianesimo sostiene un cambio di paradigma ovvero un’autentica conversione espressa molto bene da Giovanni quando afferma nel suo Vangelo «Se uno non nasce dall’alto non può vedere il Regno dei cieli» (Gv 3,3).

Se simile, e perenne, nucleo del messaggio cristiano è vero quando questo viene declinato sulla scena politica dobbiamo registrare una serie di indubitabili conseguenze. Gesù Cristo non è stato un politico e non ha fondato movimenti sociali così come i suoi discepoli non lo seguono per dominare il mondo bensì per annunciare il suo messaggio. Quest’ultimo, tuttavia, ha delle importanti ricadute sulla politica a cominciare dal modo di intendere il potere. «Tra di voi non sia come fra i governanti delle nazioni» dice il maestro di Nazareth ai due fratelli che vogliono, nel Regno dei cieli, stare alla sua destra e alla sua sinistra.

Allora il modo cristiano nella politica si lega al divenire ultimi, scarti, servitori se si vuole essere primi. Un punto di vista che potrebbe generare esiti assai positivi nelle dinamiche connesse alla riforma dei partiti, delle istituzioni, dei movimenti politici.

Fra gli effetti del messaggio cristiano in politica, c’è poi da ricordare la celebre lezione sturziana. Per il presbitero siciliano, se è vero il cuore del messaggio evangelico allora non ci potrà essere una politica cattolica o peggio dei partiti Cattolici. Infatti, riflette Sturzo, la politica è divisione, mediazione, particolarità; il cattolicesimo invece è universalità accogliente per tutti. Ne ricaviamo, come ben afferma il concilio Vaticano II, che l’appartenenza ai vari schieramenti politici da parte dei cristiani non solo è legittima ma per certi aspetti costitutiva della verità dell’annuncio evangelico che va sempre oltre, sempre al di là e, dunque, impossibile da comprimere in un’unica rappresentanza politico-sociale.

C’è ancora da ricordare, così come ben detto da Giuseppe Lazzati, che i credenti nelle città plurali e complesse di oggi non possono più imporre per legge quello che credono per fede. Si tratta invece, per il rettore della Cattolica di Milano, di essere come l’anima nel corpo ovvero di generare attraverso la testimonianza un modo di vita mirabile ben superiore a quello già previsto dalle leggi dello Stato. Allora non occorre rivendicare spazi, leggi e posti alla politica bensì offrire un contributo specifico da credenti. Contributo che, come ci ricorda Papa Francesco, può rinnovare la società.

Il dibattito “d’altri tempi” fra Maira e Andaloro è un segno importante per le nostre comunità. Significa che non abbiamo del tutto perso il “senso della storia” e perciò desideriamo costruire il futuro. La storia, però, va studiata per intero. Pertanto, dato che parliamo di cattolici in politica, dovremmo come siciliani e poi come cattolici tornare a studiare la testimonianza di Piersanti Mattarella. Cattolico, politico, studioso, Mattarella aveva una visione integrale d’intervento nella società a partire dall’annuncio cristiano. Da lui comprendiamo che non si tratta di difendere o di rivendicare qualcosa ma di offrire un progetto organico a questa nostra società. Progetto da realizzare insieme a chi cattolico non è.

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