Cristiani in politica: “afferrare” lo sguardo degli scartati

Cristiani in politica: “afferrare” lo sguardo degli scartati

4 Aprile 2024 0 Di Rocco Gumina

All’indomani dello scioglimento della Democrazia Cristiana e della fine della Prima Repubblica, i cattolici sembrano caduti in una fase di impasse e di perenne ripensamento che ha provocato in loro una paralisi. Si tratta di una crisi che riguarda l’intera cultura e produzione politica odierna ma che nello specifico rallenta la comunità ecclesiale nel percorso di crescita verso un rinnovato orizzonte per l’impegno dei credenti. Negli anni scorsi, e ancora oggi in verità, si è insistito sul ruolo dei laici e sul loro riposizionamento plurale al fine di garantire in ogni soggetto partitico quelle istanze volte alla difesa della libertà e alla promozione della giustizia sociale. Ciò, per molti, sembra non bastare poiché l’apporto cristiano oltre che ridimensionato pare ormai totalmente irrilevante, tanto da voler ipotizzare la rinascita di aggregazioni partitiche cristianamente ispirate che appaiono, per diversi aspetti, inattuali.

Forse occorre ripartire dall’abitare la politica con consapevolezza credente ancor prima che ipotizzare partiti, correnti o lobby marchiate da una chiara identità cristiano-cattolica. Per far questo, in primo luogo urge tornare a far nascere e far crescere una elaborazione culturale e politica a partire da una visione cristiana del mondo libera dalla nostalgia di un impossibile ritorno a una cristianità sacrale e che abbia l’intenzione di animare la società secondo il metodo della ragionevolezza critica. Le parrocchie, le comunità di base, i movimenti, le associazioni, i gruppi laicali hanno il compito di ricominciare a formare al fine di pensare la società attraverso il cono di luce del Vangelo, perché si ha bisogno di una politica che pensi con un orizzonte ampio e profondo. La povertà della proposta odierna proveniente dagli uomini e dalle donne credenti, è frutto dell’assenza di un’idea di polis in grado di interpretare le domande del contesto sociale.

In merito al tema dei cristiani in politica occorre precisare che l’interesse dei credenti non risiede in una politica intesa come amministrazione del potere, ricerca del consenso, risposte rapide e progettuali ai mali della società bensì come contributo volto a generare una prospettiva e a rifuggire l’ansia del tutto e subito attraverso un’etica del limite. La visione cristiana, nel riconoscere la legittimità dell’organizzazione istituzionale-sociale vigente non potrà, tuttavia, che partire da un’istanza critica che coincide tanto con la ricerca della giustizia quanto con la promozione della solidarietà. Dal punto di vista cristiano quindi non possiamo più ragionare politicamente senza aver condiviso l’ottica degli scartati dalle odierne società. In tal senso, il messaggio cristiano sembra ribadire al mondo complesso e plurale di oggi che l’unica autorità da tutti riconosciuta è quella dei sofferenti.

Nella visione biblica, infatti, la giustizia prima di essere un affare economico e politico è un tema strettamente teologico poiché il «Dio amore» spinge verso una concreta responsabilità verso gli uomini e la terra. Simile consapevolezza – lungi dal coincidere con un piagnucoloso buonismo – è mossa dalla compassione del Signore della vita per le creature e conduce verso la costruzione di un pensiero politico finalizzato a migliorare le strutture giuridiche ed economiche che formano il tessuto della relazione sociale. Quello appena delineato è una sorta di appello alla responsabilità nei termini di sostegno all’uomo nella sua integralità ossia nei suoi bisogni materiali e nelle sue attese psicologiche e spirituali. Il messaggio evangelico quindi spinge i credenti a reimpostare le loro reciproche relazioni sia all’interno della Chiesa sia nel mondo, con l’obiettivo di rimboccarsi le maniche per costruire una città affidabil

In quest’ottica, la fede invita ad una postura di fondo: qualunque cosa si faccia e qualsiasi decisione si prenda è necessario che alla radice ci sia una motivazione di amore. Ne deriva che la nostra relazione con il mondo è animata dalla fiducia, dalla gratitudine, dall’amore creativo verso le altre persone e la società, dalla convinzione che tutto ci è stato affidato per essere custodito. È una vera e propria mistica la quale non gira le spalle alle vittime della storia umana ma che cerca, secondo il teologo Metz, il volto che porta prima di tutto all’incontro con gli altri che soffrono, all’incontro con la faccia degli infelici. Ne consegue che il cristianesimo è, anzitutto, una scuola del vedere il mondo con occhi aperti in grado di afferrare persino lo sguardo degli altri, degli invisibili alla società del turbocapitalismo.

Rocco Gumina

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