L’importanza dell’educazione di genere

L’importanza dell’educazione di genere

15 Aprile 2021 0 Di Rocco Gumina

Dalla lunga gestazione del DDL Zan alle infinite discussioni sulle unioni civili, dalle aggressioni omofobe alle incomprensioni causate dal termine gender, dal ruolo delle donne nella nostra società ad una falsa e spesso dannosa idea di mascolinità, in Italia si avverte il bisogno di cammini educativi rivolti a tutte le fasce d’età che permettano una comprensione profonda di tali temi. La finalità di simile operazione dovrebbe essere connessa al tentativo di far chiarezza a partire dalle fondamenta delle questioni le quali, oltre ad animare il dibattito pubblico, nella maggior parte dei casi scadono in derive ideologiche slegate dal nocciolo dell’argomento. 

Con il libro Fare la differenza. Educazione di genere dalla prima infanzia all’età adulta (Il Mulino, 2019), la professoressa Rossella Ghigi, sociologa della famiglia e delle differenze di genere all’Università di Bologna, offre un valido contributo alle famiglie, agli insegnanti, agli educatori, agli amministratori pubblici e a tutti i soggetti interessati per districarsi e orientarsi in merito ad una serie di tematiche inerenti all’educazione di genere. Proprio quest’ultima rappresenta il cuore della ricerca dell’autrice per la quale il genere nell’educazione «fa riferimento a un’attività consapevolmente intrapresa per sollecitare competenze, offrire risorse, mediare la conoscenza in un’ottica di genere» (p. 9). Inutile negarlo, nella nostra società esistono veri e propri muri che investono il mondo della famiglia, del lavoro, della cultura tanto da originare delle diseguaglianze che l’educazione di genere può limitare e contrastare. È chiaro che la scuola, secondo la Ghigi, ha forse più delle altre agenzie educative il compito di «far emergere specificità e talenti, alimentare competenze nella selezione e nel vaglio critico delle informazioni, offrire gli strumenti per costruire una società più egualitaria e inclusiva» (p. 12). Tuttavia non si tratta soltanto di inserire nel piano di studi l’ora di educazione di genere bensì di rileggere globalmente tutti i contenuti curriculari con una visione attenta al genere. Dalla storia alla letteratura, dalla religione all’arte, dalla musica alla filosofia necessita uno studio più interessato alle dinamiche di genere per favorire un pensiero che oggi possa promuovere la parità fra i sessi.

Il punto di partenza dell’autrice è la funzione dell’educazione chiamata a rivestire un ruolo indispensabile per guidare le giovani generazioni verso una maggiore consapevolezza dell’importanza della parità fra i generi. Il problema, ancora presente nelle nostre comunità, è legato al fatto che siamo portati a ricondurre la maschilità e la femminilità a caratteristiche e propensioni che nella maggior parte dei casi sono stereotipi alimentati da alcune forme e modalità di apprendimento sociale veicolate in famiglia o tramite la TV e i social. Ad esempio, la relegazione delle donne alla sfera della cura domestica e familiare ha comportato la loro quasi totale esclusione dal mondo della politica e in genere del potere pubblico e privato. Ciò ha nutrito tutta una gamma di diseguaglianze diffuse in larghi strati della nostra società. Invece, a parere della Ghigi, l’educazione di genere propone un modello comunitario dove «venga dato riconoscimento alle donne lavoratrici e in cui ci sia una più equa distribuzione del lavoro domestico» attraverso una rinegoziazione di «significati che spesso diamo per acquisiti. Si tratta di stimolare un punto di vista critico sull’ovvietà» (p. 46).

I diversi studi citati dall’autrice mostrano come la gran parte delle differenze fra uomo e donna non sono dovute al dato biologico bensì a quello culturale pertanto occorre un investimento educativo sulle pari opportunità che attraversi ambiti come il mercato del lavoro, la cura domestica, l’impegno nella società. Nondimeno, la radice e la finalità di simile opera non potrà coincidere con una mera rivendicazione dell’uguaglianza bensì occorrerà collocare la differenza sotto una nuova luce quella del rispetto e dell’interazione fra le reciproche diversità. Infatti, diverse esperienze di educazione di genere mirano a riprendere «il tema del maschile come visione parziale e non universale del mondo, e a indagare i vincoli e le rigidità della socializzazione alla virilità, soprattutto in adolescenza» (p. 63). Inoltre è utile ricordare che tali acquisizioni sono importanti al fine di ricomprendere tanto l’eterosessualità quanto l’omosessualità.

Il testo di Rossella Ghigi si pone come uno strumento valido per le comunità educanti tutte. Si tratta di una rigorosa introduzione ad una questione che nessun segmento della nostra società potrà più eludere. Il libro manifesta chiaramente come ogni percorso legislativo volto a favorire le pari opportunità deve essere radicato e finalizzato in un’ottica che al contempo è educativa e culturale. Il nostro Paese, specie al Sud, ha bisogno di una rinnovata consapevolezza associata all’educazione di genere che oltre a garantire uguali dignità fra donne e uomini potrebbe rappresentare un’occasione di sviluppo sociale, economico e politico delle nostre comunità.

Rocco Gumina

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