“Stare in mezzo ai giovani”. Appunti sulla centralità della scuola

“Stare in mezzo ai giovani”. Appunti sulla centralità della scuola

13 Giugno 2018 0 Di Rocco Gumina

Una vera educazione non può essere inculcata a forza dal di fuori;

essa deve invece aiutare a trarre spontaneamente alla superficie

i tesori di saggezza nascosti sul fondo.

(R. Tagore)

 

 

 

 

Nei giorni scorsi, i media nazionali hanno presentato alcuni episodi che riguardano la scuola italiana. Dalla violenza inflitta da due genitori ad un insegnante di Avola, agli abusi commessi da un docente di un liceo romano verso un’alunna minorenne, sino al fenomeno – ormai diffusissimo anche sui banchi – delle baby gang, possiamo notare che l’odierna realtà del mondo della scuola ingloba una serie di problematiche sociali, educative e di sicurezza che nel recente passato erano, probabilmente, impensabili. Al di là della riflessione sulle molteplici e parziali riforme che la politica, dall’alto della sua autorità, ha cercato di realizzare per la scuola, bisogna centrare la discussione sulla più grande agenzia educativa della società intorno ad alcuni requisiti valoriali e prepolitici.

Di recente, è stato pubblicato un volumetto – dal titolo abbastanza significativo di Imparare ad imparare (Marcianum press, 2017) – che raccoglie alcuni discorsi di Papa Francesco sull’educazione. Dal testo si evince che per il vescovo di Roma, quattro sono le fondamenta su cui tornare a pensare il mondo della scuola: l’educazione inclusiva; la centralità dell’istituzione scolastica; la relazione allievo-docente; l’apporto delle famiglie.

 

Educazione inclusiva:

Secondo Francesco, l’educazione diventa inclusiva perché: «tutti hanno un posto; inclusiva anche umanamente. Il patto educativo è stato rotto per il fenomeno dell’esclusione». Si tratta di una prospettiva che pone nella relazione educativa il valore di ciascuno come priorità e, a partire da ciò, la diffusione delle conoscenze. Per far questo, il metodo non può più rispondere ai modelli educativi del passato, bensì bisogna creare nuove pratiche, anche informali e d’emergenza, pur nel rispetto dell’istituzione e dei ruoli di ciascuno. La generazione di nuovi approcci educativi passa anche dal rischio ragionevole che il docente deve correre per avviare una riforma a partire dai piccoli contesti, dal basso.

 

La centralità dell’istituzione scolastica:

A parere del Papa, la scuola è un luogo d’incontro nel cammino della vita poiché: «si incontrano i compagni; si incontrano gli insegnanti; si incontra il personale assistente. I genitori incontrano i professori; il preside incontra le famiglie. È un luogo d’incontro. E noi oggi abbiamo bisogno di questa cultura dell’incontro per camminare insieme». L’istituzione scolastica è, allora, la prima società e la famiglia grande che il giovane incrocia per imparare a vivere e, dunque, divenire adulto. Per raggiungere la maturità, gli allievi, oltre ad apprendere le conoscenze delle varie discipline comuni e d’indirizzo, devono imparare il bene, il bello e il vero al fine di amare la vita e contribuire allo sviluppo della comunità d’appartenenza oltre che di se stessi.

 

La relazione allievo-docente:

Per il vescovo di Roma, educare non è un mestiere ma: «un atteggiamento, un modo d’essere; per educare bisogna uscire da se stessi e stare in mezzo ai giovani, accompagnarli nelle tappe della loro crescita mettendosi al loro fianco». La relazione fra studenti e insegnanti non può essere pensata e costruita secondo meccanismi legati semplicemente all’apprendimento degli uni e al mestiere degli altri. Occorre, invece, una modalità d’essere, anzitutto per i docenti, che lasci trasparire – in ogni questione affrontata – l’importanza del possedere una coscienza libera, del valore del confronto e della collegialità per giungere ad una scelta, di un atteggiamento aperto alla messa in discussione del proprio sapere e, pertanto, ad imparare.

 

L’apporto delle famiglie:

I fatti di cronaca che hanno portato alla ribalta nazionale il tema della scuola, confermano quanto sostenuto da Francesco: «Di fatto, si è aperta una frattura tra famiglia e società, tra famiglia e scuola, il patto educativo oggi si è rotto, e così, l’alleanza educativa della società con la famiglia è entrata in crisi perché è stata minata la fiducia reciproca». La spaccatura in corso fra la scuola e la famiglia, drammaticamente mostrata nelle violenze verbali e talvolta fisiche che spesso i docenti subiscono dai genitori o dai medesimi alunni, ci mostra chiaramente come gli adulti, siano essi insegnanti o genitori, devono tornare dall’esilio educativo nel quale sono piombati. Solo insieme, la famiglia e la scuola, possono rispondere all’emergenza educativa in atto tornando a costruire i ponti del dialogo e della fiducia reciproca fatti di ascolto, proposta e comprensione.

 

“La politica non è tutto”, specialmente per la scuola:

La politica italiana negli ultimi decenni ha sfornato un numero impressionante di riforme, parziali o apparentemente globali, sulla scuola superato solo da quello dei governi che si sono via via succeduti. È noto a tutti, che parte dell’instabilità dell’istituzione scolastica in Italia sia dovuto ad un agire politico spesso incapace di cogliere le reali urgenze. Tuttavia, proprio la dolorosissima cronaca di questi giorni ci invita a riflettere sull’impegno che dalla comunità – cioè dalle famiglie, dagli insegnanti e dalla società – può arrivare su valori come l’educazione inclusiva, la centralità della scuola, la relazione fra docenti, alunni e famiglie. Insomma, la vera riforma della scuola è destinata a costituirsi dal basso – come del resto avviene per ogni grande e reale cambiamento – cioè da coloro che ogni giorno in un modo o in un altro operano a favore della scuola e perciò dei giovani, delle famiglie e degli insegnanti. Dall’alto, la politica e le sue innumerevoli riforme non potranno mai avviare quei processi umani, valoriali, relazionali impossibili da applicare per legge ma in grado di svilupparsi solo tramite la relazione io-tu.

 

Rocco Gumina

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